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Quello stretto riserbo sulla malattia. L'ospedale: "Era in cura da un anno"

La sofferenza nascosta anche all'azionista. Il nodo dell'eredità

Quello stretto riserbo sulla malattia. L'ospedale: "Era in cura da un anno"

L'urna con le ceneri di Sergio Marchionne si trova accanto alle tombe di mamma Maria, papà Concezio e la sorella Luciana nel cimitero cattolico di Vaughan, nella municipalità di York, a Nordest di Toronto. Cremazione, estremo saluto e trasferimento delle ceneri da Zurigo al Canada sono avvenuti nel massimo riserbo. Come nel massimo riserbo è stato gestito, da parte della compagna Manuela Battezzato e dai figli dell'ex ad di Fiat Chrysler Automobiles e presidente di Ferrari, sia il ricovero all'Ospedale universitario di Zurigo sia il drammatico percorso clinico che ha portato alla morte.

Marchionne era gravemente ammalato, ma sembra che nessuno - a parte le persone più vicine - lo sapesse, inclusi l'azionista Exor, i vertici di Fca e Ferrari, e i collaboratori più stretti.

Che qualcosa non andasse per il verso giusto lo si notava però chiaramente. Alla presentazione del piano industriale di Fca, avvenuta l'1 giugno 2018, a Balocco, nonostante facesse di tutto per nascondere il problema, Marchionne era visibilmente affaticato e gonfio. Ha comunque scherzato, come faceva sempre, con i giornalisti che aveva voluto salutare nella pausa pranzo, per poi costringere anche il presidente John Elkann, durante la conferenza stampa, a liberarsi dalla cravatta: il debito del Lingotto, come promesso, era stato azzerato; dunque, bisognava festeggiare.

In tanti, in quell'occasione, lo hanno visto sorridere per l'ultima volta. Ma Marchionne, con la vita impossibile che conduceva, aveva abituato chi lo frequentava a mostrarsi una volta in apparente forma e quella dopo l'opposto. «Il dottore è ingrassato? Smettendo di fumare gli sarà venuto appetito...», la risposta di uno dell'entourage quel giorno.

Diverso il discorso il successivo 26 giugno, giorno della sua ultima apparizione pubblica, a Roma, a una cerimonia con i Carabinieri. Intervento di saluto faticosamente portato a termine, fiato corto, ancora più appesantito. Eppure, nonostante la giornata caldissima (l'ex ad era abituato, in aereo e in ufficio, a temperature polari), Marchionne ce l'aveva messa tutta per rispondere alle domande dei giornalisti sui dazi di Donald Trump. Uno sforzo immane. Ma era fatto così: il lavoro prima di tutto. Pochi giorni dopo, il ricovero in Svizzera per un'operazione delicata alla spalla a causa di un dolore che lo perseguitava. Quindi, il silenzio. In agenda, l'ex ad aveva annotato alcuni appuntamenti fissati per i giorni successivi, segno che era fiducioso di uscire presto. Un'embolia, seguita all'intervento, sarebbe stata fatale. L'ospedale, in una nota, ha poi chiarito che «Marchionne da più di un anno si sottoponeva alle cure per una grave malattia». In quei drammatici giorni non sono mancate le inevitabili speculazioni, tra possibili colpe, errori commessi e perché non era stato scelto un centro specializzato negli Stati Uniti.

E lo stesso avviene ora, con gli immancabili gossip sui destinatari dell'eredità che, al momento della scomparsa, sarebbe ammontata complessivamente a circa 700 milioni.

Ma Marchionne, da uomo pragmatico quale è stato e forse intuendo che la sfida più difficile l'avrebbe persa, potrebbe aver pianificato il tutto per tempo. Per non scontentare nessuno.

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