«Sa, essere fiorentino non è uno scherzo». Allude al temperamentino impegnativo? «Il fiorentino è snob, ha la bocca serrata, il sopracciglio arcuato...» spiegò, Franco Zeffirelli, in uno degli ultimi incontri nella bella casa di Roma. La casa degli artisti, perché da qui passarono tutti: da Maria Callas a Francis Coppola, Al Pacino, Leonard Bernstein, la grande amica Maria Callas fino a Liz Taylor. Già, l'attrice che aveva il vezzo di prender oggetti nei negozi senza passare alla cassa. «Anche in casa mia accadeva questo. Avevo un bel da fare a spiegare ai negozianti che erano capricci da diva. Liz ha dovuto difendersi facendo la capricciosa, io la lasciavo fare». Pronto a proteggere l'artista fragile, non risparmiava staffilate a chi - a suo dire - non onorava a dovere l'Arte. Del resto, alla domanda su cosa riteneva fosse il suo tratto distintivo, veloce come un lampo rispondeva: «Essere un personaggio scomodo. Non ho venduto l'anima al successo». Sollevando lo sguardo dai bozzetti che ritoccava («Guardi: cosa le sembra?» chiedeva con occhi pieni di luce) raccontava della stima per Bernardo Bertolucci, «peccato quel suo destino avverso. Era così diverso da pagliacci come Rossellini o De Sica. Fra i due meglio De Sica, comunque, qualche film l'ha indovinato, ma non era un regista nato». Non considerava Tornatore «uno dei grandi. Semmai mi piace Ozpetek, sì, il suo Bagno turco». Del passato rimpiangeva «la fama che mi impediva di fare la coda davanti ai negozi» chiosando, «ho un passato illustre, ma i giochi non sono più quelli».
Fra i giochi cambiati, la cosiddetta nuova regia. L'allestimento di Carmen, opera inaugurale della stagione della Scala del 2009, lo fece arrabbiare in modo particolare. Sul banco degli imputati, la regista Emma Dante. La sera stessa della prima, 7 dicembre, prese il telefono e chiese di poter dire la sua. «È una Carmen orrenda. Questo va scritto, va comunicato. Se conosco Emma Dante? Ho visto cose sue: oscene. Porta il male sulla scena. In questa Carmen, travisa completamente lo charme di Bizet per far emergere il negativo. Sarebbe da arrestare», disse. E guai a sollecitare altri punti di vista. Maestro, forse a modo suo, tenta di dare letture moderne... «Sì, come si sta facendo in Inghilterra, Francia e Germania dove si distruggono, in modo volgare, i capolavori. Mi spiace che i giovani si imbattano questi spettacoli e in persone pericolose. La Scala così crea equivoci nelle giovani menti. Un ragazzo, ignaro di come si faccia il vero teatro, crede che sia legittimo uno spettacolo come questo considerato che lo produce la Scala». Zeffirelli aveva debuttato alla Scala nel 1953 producendo una serie di opere tra cui Otello, «lo spettacolo scaligero che più ho amato. Ah la grande forza della Scala: macchinisti e i tecnici».
Come tanti artisti all'apice della carriera, non sopportava i critici, o almeno i sedicenti tali. «Dove sono finiti i critici che ci facevano a pezzi? Mah, ora tutti omologati».
Non stravedeva per le cantanti in carne. Per Violeta Urmana, che fu Aida alla Scala nel 2006, con un mezzo sospiro disse che sì «è un po' abbondante, ma la sistemeremo per la scena. Non è come a Busseto, tutto era così piccolo che abbiamo dovuto scegliere solo ragazze minute». L'ultima persona con cui ha lavorato è stata Cecilia Gasdia, sovrintendete all'Arena di Verona dove il 21 giugno il Maestro avrebbe visto andare in scena la sua Traviata. Ricorda Gasdia: «Fu uno dei primi a chiamarmi. Qualche mese prima delle prove di Traviata a Firenze, andai da lui a Roma. Bussai alla sua porta.
Venne lui in persona a ricevermi. Mi guardò: lei chi è? Mi riguardò: ma non vorrà fare Traviata in queste condizioni». Gasdia aveva delle rotondità che subito si impegnò a smussare. Tornata asciutta, lui disse «Gguardi che io scherzavo». Chissà...
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