Suez, ci prova il rimorchiatore italiano. Il piano in caso di flop: scaricare il cargo

Falliti gli ultimi tentativi di disincagliare la nave. Arriva la Carlo Magno. Si lavora a un terzo scenario: togliere il peso dei container

Suez, ci prova il rimorchiatore italiano. Il piano in caso di flop: scaricare il cargo

I filmati su Twitter mostrano i rimorchiatori che suonano le loro potenti sirene per celebrare una piccola vittoria. Nonostante le forti maree e i venti abbiano complicato gli sforzi, sono riusciti a spostare la portacontainer Ever Given «di 30 gradi da sinistra e da destra», come ha subito confermato il generale Osama Rabie, presidente dell'Autorità del Canale di Suez. Nel frattempo le draghe hanno continuato a rimuovere migliaia di tonnellate di sabbia e argilla dal punto in cui la prua è intrappolata sulla riva orientale del canale. Ma nonostante i progressi compiuti durante la notte nel liberare il timone e l'elica, la nave rimane incuneata. La luna piena e l'alta marea erano sembrate propizie all'operazione ma il livello dell'acqua si è poi rivelato insufficiente.

L'Autorità del Canale ha annunciato che oggi i rimorchiatori saliranno da 14 a 16. Tra questi anche l'italiana Carlo Magno della flotta della società Augustea. Il rimorchiatore è stato costruito nel 2006 dai cantieri Rosetti Marino di Ravenna e registrato presso il porto di Catania. Ha una stazza di 1.658 tonnellate e una potenza di 10.880 cavalli, una larghezza di 15,50 metri, una profondità di sette e un'altezza di 6,20. L'impiego dei rimorchiatori viene modulato in base, oltre che alle maree, anche alla «direzione del vento» e tirano «da tre diverse direzioni». Rabie ha precisato ieri che, sebbene il cargo fosse ancora bloccato, c'erano «indicatori positivi»: «Il timone non si muoveva e ora si muove, l'elica ora funziona, non c'era acqua sotto la prua, e ora c'è», ha detto alla tv di stato egiziana. Tuttavia, una massa di roccia è stata scoperta sotto la prua. E questo complica le operazioni.

L'Egitto cerca di rassicurare ma sente il fiato sul collo da tutto il mondo. Il blocco, in quello che è uno dei corsi d'acqua più trafficati e importanti del mondo, potrebbe avere un impatto terribile sulle catene di approvvigionamento globali già tese, e ogni giorno che passa fa aumentare i costi. Attraverso il Canale di Suez passano infatti il 25% delle navi cargo e il 10% di tutte le merci che attraversano i mari del mondo. Bisogna sbloccare il gigante arenato a tutti i costi. Il presidente egiziano Abdul Fattah al-Sisi ha ordinato i preparativi per alleggerire il carico. Ciò comporterebbe il trasferimento di alcuni container su un'altra nave o sulla riva del canale. Un'operazione che potrebbe richiedere settimane, mentre è salito a 369 il numero delle navi bloccate dalla Ever Given. L'armatore danese Maersk, il più importante a operare nel Canale di Suez, ha stimato che serviranno dai tre ai sei giorni per smaltire l'enorme ingorgo formatosi dietro il mega-container. Alcune imbarcazioni hanno già fatto rotta per il Capo di Buona Speranza, scegliendo di circumnavigare l'Africa.

Ma gli effetti si vedono già adesso in Siria, in un Paese provato dalle sanzioni americane e dalla guerra civile decennale. Fra le oltre trecento navi bloccate ci sarebbe anche una petroliera diretta verso il porto di Banias, dove c'è la più grande raffineria siriana. Il regime ha deciso di razionare i carburanti, nel timore di rimanere a secco e per garantire i servizi di base ai siriani come panetterie, ospedali, stazioni idriche, centri di comunicazione. Si sono formate subito code chilometriche ai distributori, soprattutto a Damasco.

Prima della guerra il Paese era autosufficiente in petrolio e gas ma adesso due terzi dei pozzi sono nelle mani dei guerriglieri curdi alleati degli Usa e il regime deve acquistare prodotti petroliferi dall'estero, soprattutto dall'Iran e dall'Irak.

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