Andrea Cuomo
«Sono l'ispettore Marco Gigliotti, matricola ER342 della polizia postale di Roma. Lei ha un problema». L'incubo iniziava così, con una telefonata condotta con tono professionale. L'ispettore Gigliotti si mostrava ragionevole e collaborativo, quasi un amico. Faceva presente ai suoi interlocutori che avevano compiuto dei reati online. Puntava sulla loro vergogna per avere fatto inserzioni su siti di incontri. E finiva per chiedere a tutti di pagare una multa per risolvere il problema.
Una procedura strampalata, senza alcun fondamento legale. Una truffa. Che però grazie allo stile dell'ispettore Gigliotti, così rassicurante, non insospettiva le vittime. Che di solito dopo qualche titubanza finivano per sborsare. Alcuni poche migliaia di euro, qualcuno di più, uno, un quarantenne di Nuoro, pagando addirittura con la vita. Dopo aver rimediato con grandi sacrifici 5mila euro e averli dati a quelli che lui pensava essere dei veri poliziotti, all'ennesima richiesta di denaro si è ammazzato.
Quando lo ha fatto, qualche mese fa, i genitori dopo aver pianto tutte le lacrime che avevano, hanno iniziato a farsi qualche domanda. Hanno parlato informalmente con i carabinieri della città sarda, non hanno sporto denuncia ma hanno messo in moto la macchina dei dubbi. I militari nuoresi hanno setacciato i profili social dell'uomo, hanno scoperto che frequentava un sito di annunci per incontri, che aveva postato messaggi hard e hanno scoperto che aveva versato già 5mila euro a qualcuno che lo ricattava, e che questo aveva a che fare con l'ispettore Gigliotti, che era solo il frontman di un'organizzazione che non aveva raggirato solo il povero sardo, che aveva temuto dio perdere il suo lavoro.
L'indagine partita dalla Procura di Nuoro è durata quattro mesi e ha affastellato decine di ore di intercettazioni telefoniche e documentazioni di ogni genere. Ieri si è conclusa con l'arresto da parte dei carabinieri del Comando Provinciale di Nuoro in collaborazione con quelli di Torino, Vercelli e Catania di 17 persone (due in carcere, quattordici ai domiciliari e uno con obbligo di dimora) e indagato a piede libero altri quattro. Tutti parte di una associazione criminale specializzata in truffe ed estorsioni con base a Torino e Vercelli. A capo l'«ispettore Gigliotti», un trantanovenne piemontese di origine sarda, con precedenti specifici, su cui ora grava l'accusa di morte come conseguenza di altro reato.
Il modus operandi della gang era sempre lo stesso. Alcuni membri della banda individuavano gli inserzionisti di alcuni siti, per lo più a sfondo sessuale ma anche di tipo commerciale. Lavorando sui profili social i truffatori acquisivano informazioni preziose sulla vita delle possibili vittime. A qual punto entrava in azione l'ispettore Gigliotti, che contattava gli inserzionisti e, facendo sfoggio di un credibile linguaggio «poliziottesco», informava l'interlocutore che a suo carico pendeva una denuncia-querela che avrebbe potuto infangare la sua vita lavorativa o privata. L'ispettore Gigliotti spaventava la vittima ma gli faceva intendere che una soluzione si sarebbe potuta trovare. E questa soluzione era il pagamento di una multa tramite bonifici Postepay o contante, metodo quest'ultimo utilizzato di solito per le somme più ingenti, fino a 20mila euro.
A quel punto veniva organizzata una messa in scena: fine auto civetta della polizia e agenti perfettamente camuffati si facevano trovare sul luogo del pagamento dove la vittima doveva presentarsi con il denaro dentro una busta sigillata. Seicento le persone contattate, a 45 di esse i finti poliziotti sono riusciti a estorcere uno o più pagamenti. Perché la prima cifra non era mai la fine dell'incubo, ma esattamente il suo inizio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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