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Sulle urne incubo indecisi: non voterà un italiano su tre

Caos alleanze, per gli esperti l'astensione sarà al 35%. Crepet: "Sbagliato fare campagna sotto l'ombrellone"

Sulle urne incubo indecisi: non voterà un italiano su tre

Spiagge piene, urne vuote. Mentre su Twitter impazza l'hashtag #iononvoto i sondaggisti si interrogano su quanto inciderà l'area dell'astensione nella complicata partita elettorale delle Politiche del prossimo 25 settembre. Ci saranno exploit a sorpresa come il 40% del Pd renziano alle Europee 2014? Difficile. A un centrodestra dato in netto vantaggio c'è un centrosinistra che insegue l'utopia del campo larghissimo, con l'incognita dei partiti fin troppo «di pancia», No Vax, No guerra, No tutto. La sensazione degli studiosi è che si arriverà fino a circa il 65% degli aventi diritto, ben lontani dal 73% di votanti del 2018. Un italiano su tre non andrà alle urne. Per il sondaggista Nicola Piepoli «la disaffezione è un fatto naturale», che potrebbe essere controbilanciata solo da un «richiamo alle armi» della sinistra, che per questo agita lo stanco e ritrito spauracchio fascista. Funzionerà? Vedremo.

Un esperto di campagne elettorali dice al Giornale: «Il verdetto si deciderà nelle ultime tre settimane, fino ai primi di settembre la gente preferisce allontanare da sé il calice amaro di non sapere chi votare». Per lo psichiatra Paolo Crepet è sbagliato fare campagna elettorale ad agosto, nel mese sabbatico che dedichiamo all'ozio. «Non è il periodo migliore per capire da che parte stare, la gente preferisce evitare di concentrarsi, non vuole approfondire temi come la guerra, la crisi energetica, le bollette o i futuri pandemici. Questo significa arrivare poco preparati al voto del 25 settembre, per questo molti diserteranno le urne», prevede lo psichiatra.

Ma gli indecisi, per definizione, sono una variabile impazzita. E dunque c'è tempo per acchiapparli, anche all'ultimo minuto. L'identikit di chi ad oggi si astiene è poliedrico, per fasce d'età, censo e istruzione. Come fare a intercettarli? Ci sono i delusi di ogni partito (M5s su tutti), quelli che «studiano» le proposte dei partiti poi scelgono in base ai programmi, quelli che seguono i cosiddetti temi bandiera (Reddito M5s, Superbonus, agenda Draghi e Pnrr eccetera...) e chi invece deciderà nel tragitto da casa al seggio. E quanto pesa la «colpa» di aver staccato la spina al governo di Mario Draghi? Ad Affaritaliani Maurizio Pessato, vicepresidente di Swg, spiega le difficoltà dell'elettore «dopo lo scompaginamento generale causato dalla crisi e la rottura di alleanze che sembravano consolidate come tra Pd e M5S» ma assicura: «Alla gente non importa chi ha fatto cadere Draghi ma chi sembra poterli aiutare». Mentre Roberto Baldassari, dg di Lab210, sottolinea: «Solo il 50% degli astenuti è recuperabile».

Sul tavolo c'è il lavoro, la crisi energetica, il costo di cibo. Ma c'è una pletora di under 25 - come si intuisce guardando i social - a cui il linguaggio dei politici appare lunare, fatte salve alcune eccezioni come Giorgia Meloni, Carlo Calenda e (in parte) Matteo Renzi. C'è un voto al Sud che Giuseppe Conte - dato al 10% circa - sembra intercettare meglio di altri, anche se per Renato Mannheimer «l'elettorato grillino, di fronte a litigi e tensioni, si rifugia nell'astensione», e dunque è difficile acchiapparlo.

E infine c'è il rebus alleanze. «La politica non è algebra», ripetono gli esperti.

Chi voterebbe Calenda sapendo che poi si alleerà con il Pd? Stesso discorso per Matteo Renzi, mentre paradossalmente l'offerta politica del centrodestra, se da un lato apre al rischio di una lotta fratricida, dall'altro è più coerente e ha tre leader che in campagna elettorale hanno dimostrato di saper (ri)conquistare anche quei consensi che sembravano perduti per sempre.

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