Coronavirus

Contagi, nuovo record: oltre 7mila in 24 ore. Stretta in Lombardia e Milano può chiudere

Superato il picco del 21 marzo, ma ieri oltre 150mila tamponi. Vertice in prefettura: ipotesi di chiusura anticipata dei locali nella regione. Pregliasco: "Servono limiti in città"

Contagi, nuovo record: oltre 7mila in 24 ore. Stretta in Lombardia e Milano può chiudere

E venne il giorno del record. Il superamento di quella barriera psicologica che era stata elevata il 21 marzo, duecentosette giorni fa, apparentemente poco tempo ma eravamo nel pieno Medio Evo del Covid, quando tutto era buio pesto. Quel giorno vennero contati 6.557 casi. Ieri ne sono stati contati 7.332. Settecentosettantacinque in più del giorno più nero. E questo non può che generare angoscia. Perché il numero dei contagio giornalieri è sempre stato il dato da copertina dell'emergenza sanitaria.

Certo, ci sono tutti gli altri dati a riproiettarci in una dimensione più tranquillizzante (almeno per il momento). Il numero dei tamponi fatti, che ieri sono stati 152.196 (record assoluto con grande margine sul precedente, 133.084 del 10 ottobre) e che il 21 marzo furono appena 26.336. L'indice di positività, ovvero la percentuale di casi in rapporto ai test effettuati, che il 21 marzo era un terrificante 24,90 per cento e ieri un meno angosciante 4,81 per cento (il più basso degli ultimi quattro giorni). Il numero dei morti, che nel giorno in cui si inaugurava la primavera erano 793 e ieri sono stati 43, comunque il dato più alto dai 49 registrati il 20 giugno. Il numero dei ricoverati, che il 21 marzo superava i 20mila (esattamente 20.565) e ieri era di 6.009. Il numero delle terapie intensive, che allora era di 2.857 e ieri di 539, comunque con un aumento piuttosto preoccupante di 25 unità (il record è del Lazio con 85, che ne aveva 70 quel giorno di marzo) mentre la Lombardia ne ha 64 e a marzo ben 1.093). Insomma i numeri vanno letti e non solo «sparati».

Un'altra cosa che è cambiata molto è la distribuzione geografica dei contagi. Ieri il boom è stato della Lombardia, con 1.844 nuovi casi (il 21 marzo erano stati 3.251), a fronte però di un numero di tamponi che ieri è stato più alto nella sola regione di tutti quelli che erano stati fatti allora, 29.048. Ma se si guarda l'indice di positività la Lombardia è al 6,35 per cento, sopra la media nazionale, ma molto più basso rispetto all'incredibile 34,02 per cento dell'epoca. Allora inoltre la Lombardia «fatturava» praticamente la metà dei contagi nazionali (3.251 su 6,557, il 49,59 per cento) mentre ieri la percentuale è scesa al 25,15.

Malgrado questo preoccupa Milano. La provincia da sola conta 1.034 nuovi contagi, da sola più di qualsiasi altra regione italiana. La metropoli da sola conta 504 nuovi casi. Va detto che la Lombardia è anche la regione dove ieri sono stati contati più morti, ovvero 17 (poi il Lazio con 5). E il virologo Fabrizio Pregliasco ritiene possibile un lockdown a Milano: «Immaginiamolo come scenario. Lo ha fatto Boris Johnson in Inghilterra per le principali città, ma anche la Francia lo sta immaginando. Purtroppo non vedo perché noi dovremmo essere esentati», ha detto a Radio Popolare. Ieri nella prefettura del capoluogo lombardo si è svolto un vertice nel corso del quale sono state ipotizzate ulteriorei restrizioni per la metropoli e forse per tutta la regione: possibile la chiusura ancora più anticipata dei locali.

In realtà la Lombardia non è al momento la pecora nera italiana. La Campania ha 818 casi (e 61 pazienti in terapia intensiva) a fronte di 11.396 tamponi e un indice di positività al 7,18 per cento). Meglio stanno il Veneto con 657 casi e 21.095 tamponi (IP al 3,11), la Toscana con 575 casi e 11.033 contagi (IP al 5,21) e il Lazio con 543 casi e 15.484 tamponi (IP al 3,51). Ma il Piemonte ha 499 casi ma su appena 5.967 tamponi (IP all'8,36) e la Liguria 362 casi e 3.981 tamponi (IP al 9,09).

Ancora peggio la Valle d'Aosta: 37 casi, 258 tamponi e IP al 14,34.

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