Il nome, in svedese, sembra uno scioglilingua: Sverigedemokraterna. Traduzione: Democratici Svedesi (SD). Il leader del partito, Jimmie Akesson, pare la versione «secchiona» del nostro Matteo Salvini: occhialini da intellettuale ed «eleganti» vestiti firmati dai «celebri» stilisti made in Sweden. Ma nel suo guardaroba niente magliette con scritto Stoccolma ladrona. Ma, in fatto di «idee», Jimmie, non è certo secondo a Matteo. E allora ecco concretizzarsi l'operazione «Caro migrante, ti scrivo...».
Così Jimmie si «distrae un po'», ma soprattutto fa il pieno di voti dopo che il suo Paese (lui andava ripetendolo già da anni) ha capito che la strategia dell'accoglienza si è trasformata in un boomerang. L'omicidio, la settimana di una giovane volontaria, per mano di un baby profugo ospite di un centro di accoglienza, ha esasperato gli animi. Anche gli svedesi più tolleranti sono ormai esasperati. E oggi sono tutti dalla parte del governo che ha deciso di dare una stretta sul fronte del buonismo. Tanto da aver deciso di espellere «fino a 80.000 richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta».
Parola del ministro dell'Interno, Anders Ygeman, direttamente dai microfoni della Bbc. Si tratta di migranti arrivati sul territorio svedese nel 2015. Musica per le orecchie dei Democratico Svedesi, partito fondato nel 1988 proprio con l'obiettivo di «contrastare fenomeni quali l'immigrazione e l'islamizzazione, a favore di una politica improntata alla difesa della nazione etnica svedese». C'è chi lo chiama brutalmente «razzismo»; chi banalmente «demagogia»; chi, più pragmaticamente, «realpolitik». Alle elezioni del 19 settembre 2010 il partito entrò per la prima volta nel Riksdag, ottenendo 20 seggi; alle ultime elezioni europee del 25 maggio 2014 ha ottenuto 2 seggi nell'Europarlamento, entrando a far parte del gruppo parlamentare europeo. Ora Akesson, sentendo aria di boom elettorale, ha deciso di andare giù duro. Come? Vergando di sua mano un'inserzione choc che recita più o meno così: «La Svezia non è il Paese di Bengodi: fa freddo, nevica e non ci sono risorse per tutti». Ergo, «cari migranti» («cari», si fa per dire) è meglio se ve ne rimanete a casa vostra.
Una «letterina» tutt'altro che romantica che i vertici del SD si preparano a spedire attraverso campagne pubblicitarie non solo in Svezia, ma anche in Giordania, Libano e Turchia (i Paesi di maggiore provenienza dei profughi). Il movimento populista svedese, fondato da Jimmie Akesson ha in sostanza replicato un'analoga iniziativa adottata lo scorso settembre in Danimarca e Ungheria. «Il ministero danese dell'Immigrazione - ha di recente ricordato il Sole24Ore in un articolo dedicato alla questione - un aveva pubblicato su giornali libanesi annunci che informavano del taglio dei sussidi sociali ai migranti e dell'immediato rimpatrio per quanti si fossero visti respingere la richiesta d'asilo. Mentre il governo ungherese, su testate sempre libanesi e giordane, aveva messo in guardia i migranti da ingressi illegali, punibili per legge con il carcere». Dal prossimo anno, insomma, ben difficilmente la Svezia si confermerà il Paese con il più alto numero di rifugiati pro capite nella Ue. Troppi scandali. Troppa violenza.
Dagli «stupri» tenuti nascosti dalla polizia per non «esacerbare le tensioni etniche»; all'omicidio della povera Alexandra, la volontaria dal volto d'angelo, «rea» solo di voler aiutare un 15enne mediorientale accolto in una casa famiglia di Goteborg. Attenzioni fraintese dal minorenne. Che prima ha tentato un approccio sessuale. E poi ha affondato una lama nel corpo della ragazza. Decine di volte, fino a trasformare la stanza in un mattatoio.
La Svezia, dinanzi a questo scempio, ha deciso di non farsi più «macellare». Col rischio però di entrare in una spirale di violenza xenofoba. Ieri sera, ad esempio, decine di uomini col viso coperto da passamontagna hanno aggredito alcuni migranti minorenni nel centro di Stoccolma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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