La politica viene dopo. La coerenza e la fedeltà alla linea sono balle. Mistificazioni. Imposture. Prima di tutto c’è la persona. C’è la vita. Ma se una donna muore, incolpevole, dopo esser stata falciata da un’auto guidata da un rom fuori controllo che fugge a 180 all’ora da un posto di blocco, allora di che cosa parliamo? Andate a quel paese, voi politici a caccia di voti. «Ciao GrillòRenzi!», scrive Celentano nel suo blog, annunciando l’addio ai leader della sinistra, di lotta e di governo. Non sarà un abbandono definitivo, forse. Ma suona come una netta presa di distanza. Un’aperta sconfessione.
Se la sinistra si perde nei tatticismi della campagna elettorale, incapace di tutelare la vita dei cittadini, non merita la mia adesione. Il mio voto. E così: «Sto cominciando a pensare a Salvini». Testuale. Una svolta clamorosa, un’acrobazia da rocker, una piroetta inattesa. Tanto più considerando le critiche rivolte alla Lega di Umberto Bossi per la gestione dei fondi e i favoritismi ai suoi familiari. Ma il Molleggiato non è mai stato uomo di appartenenze granitiche. La sua adesione a un leader o a una forza politica si basa su circostanze precise e argomenti concreti. Niente politichese, niente distinguo capziosi. Ha uno sguardo semplice sulla vita pubblica. Lo sguardo di un bambino, verrebbe da dire. Il potere e la gestione del bene comune devono essere a servizio delle persone. Fine delle trasmissioni. E anche dei comizi. Cari «GrillòRenzi... così concentrati nella lotta a chi arriva primo, vi dimenticate di parlare del problema “non più importante” ma vitale che è la certezza della pena». Anche tutte le analisi improntate all’ottimismo, che parlano di «crescita» e che fanno leva sugli inviti a «consumare di più» sono prese in giro colossali. Maggiormente in campagna elettorale. «Perché la gente dovrebbe consumare di più se ha paura anche a uscire di casa? E chi se ne frega degli 80 euro o del diritto di cittadinanza se poi arriva una macchina e ti travolge». Ecco qua, è la distanza tra promesse e realtà quotidiana il metro su cui Celentano misura l’efficacia dei politici. E quando la distanza è troppa, allora «ciao».
L’addio a Grillo e Renzi è solo l’ultimo di una serie di cambi di rotta. Ma non è questione d’incoerenze. Sarebbe un’analisi un superficiale. Berlusconiano ai tempi della discesa in campo, Celentano era fiducioso in un leader che scardinasse il teatrino del Palazzo. Poi aveva disapprovato l’editto bulgaro e si era spostato a sinistra. Con l’avvento di Beppe Grillo, aveva come tanti intravisto una possibilità di rinascita. Che trovava nell’ambientalismo del primo M5S un ulteriore motivo di condivisione, documentato dai dialoghi sul Corriere della Sera a proposito della Milano con vista sull’Expo. Nella battaglia contro le navi giganti in laguna, invece, aveva trovato meno ascolto. E così anche con Grillo l’intesa si era rafferddata. Da ultimo, era toccato a Renzi catalizzare le aspettative dell’ex ragazzo della Via Gluck. Pochi giorni fa gli aveva scritto sulla questione dell’immigrazione e l’indifferenza europea alle richieste italiane: «Caro Matteo, non devi amareggiarti...». Esortandolo a organizzare «in Sicilia un campo, che solo inizialmente sarà di accoglienza...».
Quest’ultima uscita pro-Salvini spiazza tutti. Un Celentano leghista nessuno se l’aspettava. Tuttavia, non è uomo da ruspe, Celentano. E non è il caso di trarre conclusioni assolute. Nel suo pensiero schietto, è prioritaria sul resto la questione della sicurezza.
E con quello sguardo da bambino sottolinea che «il famoso aumento dei consumi è strettamente legato a un disegno artistico che può scaturire solo attraverso il sorriso dei cittadini. Ma se i cittadini hanno paura e si sentono abbandonati, non sorridono. E se non sorridono, non consumano. Quindi...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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