
In questi giorni si sono moltiplicati articoli e commenti sulla crisi demografica. Non ultimo l'intervento del Ministro Giorgetti che ha affermato in audizione in Parlamento che la denatalità "non è solo una sfida statistica e contabile, ma umana". Stando così le cose esiste un tema da affrontare: la consapevolezza della cittadinanza dell'importanza del fenomeno. Argomento di novità indagato, tra gli altri, nella ricerca comparata Italia/Francia della Fondazione Magna Carta e di Fondapol (Fondation pour l'innovation politique).
Dal sondaggio condotto in Italia emerge che il 79% degli intervistati si dichiara "preoccupato per il calo delle nascite", in Francia il 59%. I timori riguardano soprattutto le ricadute più gravi nella difficoltà di mantenere il sistema pensionistico (52%), nonché nei rischi per la sostenibilità della sanità e del welfare (51%).
Dati molto simili nell'opinione pubblica francese. Possiamo dire quindi che sia gli italiani che i francesi sono in gran parte consapevoli che non mettere al mondo figli comporterà problemi seri per la continuazione delle tutele finora acquisite. Ma metà del campione nei due paesi esprime la convinzione che il mondo attuale sia troppo insicuro e instabile per accogliere nuove nascite. E qui entriamo in una sfera che attiene alle paure dei singoli e della collettività, ipotizzando tra le cause il senso di incertezza ereditato dalla pandemia da COVID-19, l'instabilità geopolitica e il timore per l'escalation di conflitti armati, la crisi energetica.
Sembra che l'anelito umano a generare si sia affievolito in questa fase storica. E che l'umanità abbia smarrito l'amore per le generazioni descritto da Socrate nel Simposio di Platone che "lascia dopo di sé sempre un altro essere giovane in luogo del vecchio". Non si fanno figli per dovere, ma per desiderio. E il desiderio ha bisogno di futuro. Non bastano bonus e incentivi se resta l'eco di un Paese che sembra chiederti scusa per ogni nuova nascita. Il bambino non è un problema da risolvere, ma un inizio da immaginare.
Serve una rivoluzione culturale che rimetta al centro il coraggio di costruire, l'orgoglio di generare, la bellezza di lasciare il mondo a qualcuno. È un declino di prospettive, di futuro, di possibilità.
Ma la ricerca ci consegna un dato positivo dei giovani che per la stragrande maggioranza e tra coloro che non hanno figli desiderano averli sia in Italia che in Francia. Desiderio forse più utopico che reale. Un quadro di speranza infatti che si infrange sulle ragioni indagate nella ricerca che inducono a non avere figli. In Italia sono forti le motivazioni economiche (24% contro il 14 % della Francia). Si puó interpretare questo scenario con la maggiore tradizione francese per politiche di sostegno alla natalità. Mentre nel nostro paese prevalgono più spesso sentimenti "di non potercela fare" rispetto alle difficoltà e alle responsabilità, maggiormente sentiti dai cittadini meno agiati, dalle donne, dagli abitanti del Sud e molto diffusi tra chi ha già figli e spesso decide di non averne altri. Tuttavia dal sondaggio emerge una sorta di "empatia sociale latente" tra chi ha figli e chi non ne ha, alimentata dalla consapevolezza condivisa che la società italiana non sia accogliente nei confronti della genitorialità (il 68% del campione ritiene che la società non incoraggi abbastanza la natalità contro il 42% dei francesi). E allora la domanda da porsi riguarda il come si riempie lo spazio che va dalla consapevolezza e dal desiderio alla rinuncia.
Ben sapendo che le politiche demografiche prendono un tempo molto lungo e che il Governo italiano ha messo in campo una serie di misure in aiuto alle scelte di genitorialità, per qualsiasi decisione che prendiamo oggi, i risultati si vedranno tra qualche anno.
Il quadro di denatalità attuale è infatti riconducibile anche alla diminuzione della popolazione femminile in età riproduttiva (15-49 anni), oltre che alla progressiva riduzione del tasso di fecondità e ad un'età media al parto pari a 32,6.
Nel commento della Fondazione francese al sondaggio ci si pone l'interrogativo se è meglio individuare eventuali gruppi sociali da coinvolgere per rilanciare la natalità e valutare se sia più opportuno incentivare chi non ha ancora figli ad averne oppure incoraggiare chi è già genitore ad averne di più.
Sicuramente per invertire il trend e arrivare a una Primavera demografica (dal titolo di un'altra ricerca della Fondazione Magna Carta) è necessario ridare senso al valore sociale della maternità.
Lo si fa anche attraverso una narrazione positiva, che restituisca alla genitorialità dignità, riconoscimento e centralità nel dibattito culturale, politico ed economico.Si tratta di un tema che dovrebbe riguardare trasversalmente tutte le forze politiche di un Paese. Sono in gioco i nostri destini.