Il suo nome come candidato-premier «ideale» del centrodestra gira da tempo, ma sempre in caso di una sentenza di Strasburgo che non riabiliti Silvio Berlusconi. Si sa del forte legame con il leader di Fi di Antonio Tajani, uno dei fondatori del partito che, con la sua capacità di mediazione e la sua professionalità, è riuscito a diventare presidente dell'Europarlamento.
La fedeltà al Cavaliere non è in discussione e lui subito smentisce: «Sto bene dove sto. Metto tutto il mio impegno per guidare il parlamento europeo, che ho l'onere e l'onore di rappresentare. Per quanto riguarda la guida del centrodestra, credo che il miglior candidato per la vittoria si chiami Silvio Berlusconi». Poi torna ad occuparsi di Norcia, dov'è in visita ai terremotati, a trattare di immigrazione e di economia. Prepara anche la convention su «L'Europa e l'Italia che vogliamo», che sta organizzando a Fiuggi e che il 17 settembre avrà come ospite d'onore proprio il leader azzurro, alla sua prima uscita dopo le vacanze. Molti già attendono l'endorsement, che probabilmente non ci sarà.
Eletto a Bruxelles a gennaio 2017, Tajani ha davanti un anno e mezzo del mandato che scade nel 2019. Certo, se il leader di Fi glielo chiedesse, non potrebbe dire di no. La sua posizione è diversa da quella di altri personaggi indicati dal Cav, come Mario Draghi e Sergio Marchionne. Però, i fedelissimi di Berlusconi, assicurano che a questa scelta considerata «naturale», «in casa», ancora non si è arrivati, perché il leader rimane convinto che dalla Corte europea per i diritti dell'uomo una decisione positiva sulla sua candidabilità possa arrivare in tempo utile per le elezioni di marzo. «La questione della successione non è in discussione - dice l'europarlamentare Licia Ronzulli, tra i più vicini a Berlusconi-, il presidente ha grande stima e affetto per Tajani, arrivato al vertice del parlamento di Bruxelles contro il Pd. Sta facendo un gran lavoro in Europa ed è giusto che continui».
Eppure, pragmatico com'è, il leader avrà in mente un piano B e tutti sanno che, dovendo scegliere, preferirebbe Tajani. Anche per il suo profilo moderato, che potrebbe essere prezioso in caso di larghe intese. Tra gli azzurri, ne parlano come della «persona giusta», «credibile a livello internazionale», «capace di mettere tutti d'accordo», «ben informato sul partito». Lo loda anche Mara Carfagna, il cui nome circolava per questo ruolo. Ma serpeggia il sospetto di «fuoco amico», che qualcuno gonfiando la notizia abbia cercato di danneggiarlo.
Fatto sta che i commenti dagli alleati sono duri. «Tajani - dice il leader della Lega, Matteo Salvini - è responsabile di tutte le scelte di questa Europa, dove governa insieme al Pd. Delle decisioni prese da Bruxelles su banche, agricoltura, sanzioni alla Russia e regali alla Turchia, è corresponsabile. Il nostro obbiettivo è che il centrodestra vinca e che la Lega sia il primo partito, così saremo noi a indicare il leader». Pesante anche la leader di Fdi, Giorgia Meloni, che non gli perdona di non aver appoggiato la sua candidatura a sindaco di Roma: «Tajani guida una delle istituzioni meno vicine agli interessi degli italiani. Chiunque, tra noi, ambisca a governare questa nazione deve avere il popolo italiano al primo posto, cosa che certamente non hanno quelli che danno le carte nel Ppe».
Veleni, gelosie. Ma a Salvini replica Marcello Fiori: «Tajani è stato eletto con 351 voti di un'ampia maggioranza di centrodestra, sconfiggendo il candidato dei socialisti e della sinistra europea, Pittella».
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