Coronavirus

Tamponi, saturimetri e "strizzacervelli". Ecco la fotografia Istat di un Paese malato

Il Covid ridisegna il paniere dell'inflazione dell'istituto di statistica. Le sedute individuali di psicoterapia finiscono in lista dopo decenni

Tamponi, saturimetri e "strizzacervelli". Ecco la fotografia Istat di un Paese malato

Siamo sull'orlo di una crisi di nervi, e questo lo sappiamo. Ma finché ce lo diciamo noi, ci sta, sono chiacchiere da bar (ma solo se abbiamo il green pass rafforzato). Ma il grave è quando se ne accorge perfino l'Istat, che solitamente registra i cambiamenti del costume (e della psiche) con i tempi degli storici e non con quelli dei cronisti.

L'istituto di statistica ha ieri comunicato come ogni anno i beni che entrano e che escono dal paniere con cui viene calcolata l'inflazione reale. Un'occasione per fare l'inventario delle cose contenute nello start kit della nostra vita quotidiana, quelle per cui siamo disposti o tenuti a spendere i nostri (pochi) soldi. Ebbene, da quest'anno nella lista compare la psicoterapia individuale. Che rispetto al poke e alla friggitrice ad aria, altre due new entry del catalogo esistenziale, non ha il pregio della novità. Frequentare lo strizzacervelli non più bizzarro da decenni, almeno da quando i film di Woody Allen (e più di tutti Io e Annie, che è del 1977) hanno reso familiare anche a noi impastati di cultura cattolica e di fatalismo l'uso di raccontare tormenti, fobie e nevrosi a uno sconosciuto pagato per ascoltarci. C'è da chiedersi come mai il costo delle sedute da un tizio di scuola junghiana sia stato ignorato per tanto tempo e come mai invece sia balzato all'attenzione degli attuari dell'Istat proprio ora. E la risposta plausibile è solo una: la pandemia ci ha snervato, ci ha sfibrato, ci ha depresso, ci ha messo a confronto con i nostri fantasmi rendendo la nostra vita psichica più disturbata di Telecapodistria su un Movar in bianco e nero del 1977. Le visite dallo «strizza» sono quindi diventate non più un capriccio da film radical chic ma una necessità esistenziale almeno quanto le mazzancolle, che pure sbucano nel paniere (chissà se alla griglia o in tempura).

Il Covid ci sta cambiando. E cambia anche i colori della tavolozza di chi deve farci il ritratto, che comunque uscirà sempre leggermente mosso. Nel nuovo paniere Istat 2022 ecco entrare i tamponi nella versione sierologico, molecolare, rapido e fai-da-te, la cui permanenza nel catalogo speriamo duri soltanto un anno, e il saturimetro. Mentre le mascherine erano state considerate già nel paniere 2021, quindi sono un bene consolidato.

Ma in fondo tutte o quasi le novità del paniere ventiventidue sono legate alla nuova normalità scolpita dalla pandemia e dalle sue conseguenze. La già citata friggitrice ad aria, secondo la Coldiretti, è un po' la nuova impastatrice, «uno strumento strategico per pranzi e cene domestiche» nella situazione di «emergenza Covid che ha spinto il 52 per cento degli italiani a sperimentare il fai-da-te in cucina». E il poke, quella sorta di insalata tropicale che spopola tra i giovani, è stato preso in considerazione nella versione take away, ovvero per consumo domestico. Ancora: che gli esperti dell'Istat abbiano tengano in conto la sedia da pc ha certamente a che fare con il dilagare dello smart working, mentre che abbiano considerato rilevante il consumo di tappetini da ginnastica non può essere disgiunto dal diffondersi degli workout casalinghi, che molti hanno scoperto quando le palestre erano chiuse e stanno continuando a praticare. E se il download di video sul pc era pratica che stava già diffondendosi prima del Covid, è certo che il virus gli ha dato una grande spinta, spingendolo all'attenzione degli statistici di Stato.

Meno legate all'attualità le new entry alla voce «ampliamento della lista prodotti rappresentativi di consumi consolidati». Qui spuntano i jeans da donna, i pantaloni corti da bambino, gli occhiali da lettura senza prescrizione, il trasportino per animali, il gas da mercato libero, i sostituti artificiali dello zucchero e il pane da farine alternative.

Siamo una generazione di farro.

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