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Tensione al G20 ma spiragli sul grano

Niente foto di gruppo a Bali, Lavrov lascia in anticipo. Mosca: dialogo con Ankara

Tensione al G20 ma spiragli sul grano

Lavrov contro il resto del mondo. Il G20 dei ministri degli Esteri andato in scena ieri a Bali, in Indonesia, è stato un uno-contro-tutti. Con l'uno, il russo Sergej Lavrov, convinto alla fine di aver vinto: «Il piano del G7 per boicottare la Russia al G20 è fallito. Nessuno ha sostenuto i regimi occidentali», ha scritto la portavoce del ministro Maria Zakharova su Telegram.

Lavrov era l'osservato speciale del vertice balinese. E non ha deluso chi ha spiato ogni sua mossa. E come Nanni Moretti in Ecce Bombo, si è notato di più quando non c'era di quando c'era. La sua sedia era vuota durante l'intervento (virtuale) del collega ucraino Dmytro Kuleba. Ha fatto scalpore la sua uscita dalla sala a metà dell'intervento della ministra tedesca Annalena Baerbock, impegnata in duro atto di accusa contro Mosca (lei l'ha presa con un certo fair play: «Non ho visto cosa facesse lui precisamente in quel momento»). Ha colpito il rifiuto di incontrare Blinken. E alla fine se n'è andato in largo anticipo sul programma del vertice, saltando la foto di gruppo rituale e lanciando strali: «Se l'Occidente non vuole che si svolgano colloqui, ma desidera che l'Ucraina sconfigga la Russia sul campo di battaglia, poiché sono state espresse entrambe le opinioni, allora, forse, non c'è nulla di cui parlare con l'Occidente».

Mosca non si sente responsabile di una crisi globale alimentare, anche se Blinken non la pensa così e sprona i russi: «L'Ucraina non è il vostro Paese. Il suo grano non è il vostro grano. Perché bloccate i porti? Dovreste far uscire il grano». Il tema del grano ha dominato la giornata balinese in ogni suo aspetto. Mosca si è detta pronta a colloqui con i ministri degli Esteri turco e ucraino sulla questione del grano bloccato dallo stop alla navigazione nel Mar Nero.

Blinken ha anche parlato di «un forte coro da tutto il mondo, non solo dagli Stati Uniti, ma da tutto il mondo sulla necessità di porre fine all'aggressione in Ucraina». Aggressione che invece non sembra affatto prossima alla fine. Le forze armate russe sembrano pronte a un attacco simultaneo e parallelo a Sloviansk e Kramatorsk, nel Donbass, almeno secondo le previsioni dell'Institute for the Study of War (Isw). Ieri sei civili sono rimasti uccisi negli attacchi russi a Kramatorsk, Slovyansk, Avdiivka, Siversk, Pokrovske e Orlivka, nel Donetsk, e altri 21 sono stati feriti, ciò che porta il bilancio dei civili caduti dall'inizio del conflitto a 583 (i feriti sono 1.517). I bombardamenti russi hanno distrutto anche 20 ettari di campi di grano a Zaporizhzhia, nella regione di Dnipropetrovsk, facendo dire a Kuleba che «non è il grano ucraino che va a fuoco, ma la sicurezza alimentare del mondo». In Ucraina sono state registrate in tre mesi oltre 225mila domande di abitazioni danneggiate a causa dell'aggressione russa, con almeno 800mila residenti che hanno bisogno di restauro o riparazione delle proprie abitazioni. Zelensy in un'intervista alla Cnn ha dato voce alla resistenza di tutto un Paese: «Gli ucraini non sono pronti a dare via la loro terra, ad accettare che questi territori appartengano alla Russia. Questa è la nostra terra». Poi però una bacchettata agli alleati occidentali: «Il mondo sta facendo molto, ma l'Ucraina avrebbe potuto essere accettata come membro della Nato.

Sarebbe stato molto più semplice di quanto la gente immagini».

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