La "terra dei fuochini": solo 15 ettari. Una bufala ha ucciso la mozzarella

La zona dei veleni meno estesa rispetto alle denunce. Ma i prodotti dopo sono crollati del 40%. Una bufala ha ucciso la mozzarella

Dal sito laterradeifuochi.it
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Quindici ettari con «divieto di produzioni agroalimentari». Solo 15 su 549mila ettari di terreni agricoli in Campania. Certo sempre troppi, ma una piccolissima fetta della «Terra dei fuochi» (circa mille ettari), e una porzione ancor più minuscola della regione, qualcosa come lo 0,003%. Dunque? L'allarme spaventoso sulla terra dei veleni? Le premonizioni catastrofiche dell'ex boss pluriomicida Carmine Schiavone («Non solo Casal di Principe, ma anche i paesi vicini sono stati avvelenati. Gli abitanti rischiano di morire tutti di cancro, avranno forse vent'anni di vita»)? I reportage di Santoro («ci sono persino scorie nucleari»), le denunce del M5S, le campagne dei giornalisti impegnati? La psicosi da cibo avvelenato? «Posso dire con tranquillità che i prodotti che vengono da quella zona sono prodotti sani: chi dice il contrario dice una falsità. E non chiamiamola nemmeno più Terra dei fuochi» spiega il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti. È nel decreto firmato da lui, insieme al ministro della Salute, che viene fuori quella cifra (che riguarda le classi di rischio più elevate, sulle altre i controlli vanno avanti), risultato delle analisi dell'agenzia ministeriale Agea e poi del Corpo forestale dello Stato. Controlli che arrivano dopo centinaia di altre verifiche, analisi, test, univoci nel risultato in una maggioranza schiacciante: i prodotti sono sani, non c'è nessun pericolo a metterli in tavola. Ma è dura battere la paura, facile da cavalcare. Il danno prodotto al settore agroalimentare, intanto, calcola Confagricoltura, è di almeno 100 milioni di euro. Nel paese dei Tafazzi (vedi casi Finmeccanica, Ilva), era il minimo. «Ci sono due tipi di bufale, una è buona da mangiare, l'altra ve la danno a bere» è lo slogan del Consorzio mozzarella bufala campana dop, una filiera che nel 2011 valeva 500 milioni di euro di fatturato e che negli ultimi mesi del 2013, nell'apice della campagna sulla Terra dei fuochi, ha subito un crollo di vendite, con punte fino al 40% e una perdita sull'export - secondo le stime del Banco di Napoli, non riconosciute però dai produttori consorziati - di circa 50 milioni di euro. Nel 2014 si è recuperato, ma il valore del prodotto si è abbassato, nel senso che chi compra, specie dall'estero, può tirare sul prezzo molto più di prima. Un altro risultato del «terrorismo mediatico» che lamentano le aziende. Nonostante migliaia di analisi (un caseificio ne subisce 200 in media ogni anno), comprese quelle commissionate alla azienda di certificazione tedesca TÜV SÜD, attestino che la mozzarella campana è sicura, sana, senza rischi.

Ma il danno riguarda tutti. «Esemplare la vicenda di Gaia, principale azienda produttrice di cipolle in provincia di Avellino, esportatrice in Germania di prodotti bio - racconta il Mattino (che mette sotto accusa l'allarmismo di programmi tv, Report, una copertina dell' Espresso “dalla quale si evinceva che l'acqua di Napoli sarebbe avvelenata”) -. Ebbene i tedeschi hanno bloccato la vendita e sottoposto la merce a nuove analisi, a spese dell'azienda. I risultati sono stati di assoluta sicurezza per la salute e hanno ripreso ad esportare. Ma anche quei 5000 euro spesi per fare le analisi rientrano nei danno subiti dal nostro sistema agroalimentare». Anche i pomodori, i San Marzano, e gli altri prodotti tipici, vengono certificati e analizzati il triplo di prima, altri costi che pesano sulle aziende in difficoltà. Già la Cassazione a dicembre scorso aveva smontato la Gomorra ortofrutticola, accogliendo il ricorso di un agricoltore i cui terreni, in piena cosiddetta Terra dei fuochi, erano sotto sequestro da circa un anno per decisione preventiva della Procura (con relativi raccolti persi, per lui come per altre decine di imprenditori agricoli, e chi li risarcisce?). «Non può ritenersi corretto – si legge nella sentenza- il riferimento a schemi presuntivi che s'attestano su indicazioni di carattere meramente precauzionale». In altri termini: tirate fuori una prova dei veleni, sennò niente sequestro.

E prima ancora, ricorda Filippo Facci su Libero , c'erano stati gli studi dell'Istituto Superiore di Sanità, quello dell'Organizzazione mondiale della sanità, quelli dell'Università Federico II di Napoli, concordi nel ritenere ingiustificato l'allarme. Frutta, verdura, e mozzarelle sono sani. Sono altre le bufale al veleno.

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