
L'accordo c'è, ma solo tra lo Zar e The Donald. E a tutti gli altri, cioè Kiev e i più o meno "volonterosi" europei, non resta che adeguarsi. O pigliarsi l'ingrata responsabilità di rifiutare l'unico presunto accordo di pace scaturito dopo tre anni e mezzo di guerra. È questo, in estrema sintesi, lo scenario che va delineandosi dopo il summit di Anchorage. Un summit nel corso del quale Vladimir Putin è riuscito a dribblare, a dir il vero senza troppe difficoltà, la richiesta di "cessate il fuoco immediato" in mancanza del quale Trump prometteva "severe conseguenze". Ma di severo e conseguente ad Anchorage s'è visto ben poco.
Vladimir Putin anziché far breccia nel muro negoziale promesso da Trump c'è penetrato come il burro imponendo una dopo l'altra tutte le proprie condizioni. Prima fra tutte quelle di un cessate il fuoco che nella visione del Cremlino verrà concesso solo se e quando il nemico avrà effettivamente consegnato al controllo russo tutti i territori del Donetsk e del Lugansk. E prevede inoltre il congelamento, con pochi aggiustamenti della linea del fronte nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia. L'offensiva russa, insomma, si arresterà solo se quando gli ucraini si ritireranno dietro le linee tratteggiate ieri da Trump e Putin. Senza contare la richiesta, su cui Trump vuole riflettere, di tornare al russo come lingua ufficiale di tutta l'Ucraina. Insomma uno scacco matto per Volodymyr Zelensky per gli alleati europei e per quanti s'illudevano che il presidente Usa fosse pronto ad affrontare a muso duro il suo omologo russo. Ma il peggio per Zelensky e per gli europei deve ancora arrivare. Il presidente ucraino atteso domani alla Casa Bianca rischia un'umiliazione simile, se non peggiore, a quella subita durante l'incontro di fine febbraio nello Studio Ovale. Anche perché stavolta Zelensky può solo scegliere di che morte morire: se cioè passare alla storia come colui che rifiuta la pace o come colui che, cedendo Donetsk, Lugansk, parte del Kherson e di Zaporizhzhia, accetta lo smembramento dell'Ucraina tradendo il sacrificio delle centinaia di migliaia di giovani morti per difenderla. Ulteriore beffa per l'uomo di Kiev il fatto che da Anchorage sembra allontanarsi anche l'adesione alla Nato. Trump si milita a proporre "garanzie di sicurezza" in stile Nato ma fiori dall'Alleanza atlantica.
Dietro a Zelensky si apprestano a sfilare gli altri grandi sconfitti di Anchorage. Ovvero noi europei. Durante l'incontro nella base militare di Elmendorf-Richardson Putin ha smantellato tutti i paletti posti dai "volonterosi" d'oltreoceano. Primo fra tutti quello che mercoledì scorso il presidente francese Emmanuel Macron e il premier inglese Keir Starmer avevano descritto - dopo un colloquio telefonico con Trump - come la linea del Piave europea. "Le questioni territoriali riguardanti l'Ucraina - aveva detto Macron - possono e saranno negoziate soltanto dal presidente ucraino". Parole che neanche cinque giorni dopo suonano come aria fritta. Come lo diventeranno, con ogni probabilità, le richieste europee di garantire la futura sicurezza dell'Ucraina dispiegando i propri soldati sui territori di Kiev. Non a caso i "volonterosi" si guardano bene dall'accettare l'invito a presentarsi lunedì alla Casa Bianca assieme a Zelensky.
Per tutta risposta preannunciano per domani una riunione in teleconferenza tra Macron Starmer e il cancelliere tedesco Merz. Dimenticando che il summit di Anchorage ha fissato un'altra implicita condizione. Ovvero che negli accordi di pace sull'Ucraina non c'è alcun posto per l'Europa.