Il territorio chiamato al voto finisce di nuovo sott'acqua. Ugolini: "Dem inadempienti"

De Pascale dribbla le accuse su Ravenna. Fdi: "Esposti per accertare le responsabilità"

Il territorio chiamato al voto finisce di nuovo sott'acqua. Ugolini: "Dem inadempienti"
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L'Emilia Romagna è di nuovo sott'acqua a due mesi dalle elezioni regionali. Nella campagna elettorale irrompe un incubo che non sarebbe dovuto ricorrere: l'alluvione, con i danni e la disperazione che porta con sé. I territori lascerebbero volentieri le polemiche da parte. Ma il ripetersi dell'evento chiama la ricerca dei responsabili. In Romagna, su alcuni lati delle strade, campeggiano ancora cartelli e striscioni civici: «Sistemate gli argini», si legge. Dal disastro del 2023 è passato appena un anno e mezzo. Le province colpite sono le stesse. I nomi dei fiumi che esondano pure. Il ping pong sulle responsabilità è naturale. La candidata presidente civica del centrodestra Elena Ugolini, parlando al Giornale, non crocifigge nessuno ma specifica: «Io non sono come loro. Non strumentalizzo la vicenda. Ma è un fatto che il problema sia regionale. Così come che la Regione non abbia utilizzato i soldi che l'esecutivo Meloni ha messo a disposizione». Non pochi quei soldi. Per esempio i 40 milioni di euro messi a terra per Ravenna e provincia. Fdi attacca subito: «Michele De Pascale (sindaco dem e candidato a presidente di Regione del «campo largo») non ha fatto niente». Il primo cittadino ravennate è piccato: «Da Musumeci conferenza politica, ho spento la tv», dichiara. L'acqua continua a uscire da dov'era uscita a maggio dello scorso anno. Non c'è tanto modo di tastare il sentiment elettorale, gli impegni sono altri. «Stiamo ultimando un'ordinanza di evacuazione» è tra le frasi più ricorrenti degli uffici comunali. La deputata di Fdi Alice Buonguerrieri annuncia «esposti» in Procura e in Corte dei Conti per «accertare le responsabilità». Del resto l'Emilia Romagna è un monocolore a tinte rosse dal 1970. Difficile scaricare il barile in direzione dell'esecutivo Meloni. Eppure gli eredi di Stefano Bonaccini ci provano lo stesso.

«Stamattina siamo stati in Val di Zena. I cittadini sono pieni di rabbia ed esasperazione. Non fanno altro che dire che non possono passare da un'alluvione a un'altra», racconta la candidata civica del centrodestra Ugolini. In alcuni punti specifici del territorio la situazione sembra persino peggiore di quella di maggio 2023. La Ugolini insiste e fa un elenco d'inadempienze: «Non sono stati tolti i tronchi dai fiumi, non sono stati aperti gli archi dei ponti, non è stato tolto il fango dai letti dei fiumi e, se fosse stato fatto, ne avrebbe aumentato la portata, non sono stati rinforzati gli argini per evitare che si creino finestre da cui l'acqua può entrare, come successo a Budrio».

De Pascale dal canto suo prolunga la chiusura delle scuole nel Comune e si dice preoccupato per la tenuta degli argini dei fiumi. Il sindaco chiede poi «attenzione» sui canali. L'argine del Lamone si rompe. Un pezzo consistente di Romagna deve evacuare. Sì e non è un deja-vu. «Se il governo non è un bancomat, neppure la Romagna lo è», fa presente il candidato del Pd. «Non voglio alimentare polemiche ma faremo ogni azione necessaria per difendere il territorio», aggiunge.

Arrivano i nuclei della Protezione civile del Trentino: è la solidarietà italiana. Confagricoltura chiede a gran voce il superamento dei «veti ambientali».

I cittadini dell'Emilia Romagna saranno chiamati a scegliere i prossimi 17 e 18 novembre il successore di Bonaccini, che nel frattempo si è dimesso essendo stato eletto al Parlamento europeo. Le conseguenze dell'alluvione del 2023 si sono protratte per mesi e ancora permangono. Quelle che ora entreranno a far parte di una somma più estesa di drammi e disperazione.

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