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Il presidente del Copasir lancia l'allarme sui jihadisti: "Cosa rischia l'Italia"

Il terrorismo di matrice jihadista rimane una minaccia attuale. Il presidente del Copasir Urso lancia l'allarme: "Serve una legge per fermare i lupi solitari, temiamo che il ritiro della Nato dall’Afghanistan faccia da innesco a una nuova chiamata alle armi"

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"La minaccia del terrorismo di matrice jihadista non va sottovalutata". Parola di Adolfo Urso, presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. A pochi giorni dall’ultima relazione al Parlamento, con cui l’organo di controllo dell’apparato di intelligence ha riacceso i riflettori sul terrorismo jihadista, fenomeno apparentemente sparito dal dibattito pubblico, Urso ci riceve negli uffici di piazza San Macuto per fare il punto su un dossier ancora caldo.

Stando ai dati dell’ultimo rapporto Europol, sul suolo europeo nel 2020 si sono consumati 10 attacchi terroristici, con 12 morti e 47 feriti. Cambiano tempi e strategie, ma l’urgenza con cui bisogna affrontare il problema rimane immutata, soprattutto alla luce dei recenti sviluppi geopolitici. Il ritorno dei talebani a Kabul, e quella che Urso definisce "improvvida ritirata" del contingente Nato dall’Afghanistan, hanno fatto drizzare le antenne al Copasir. "La caduta di Kabul – spiega Urso – ha costituito un punto di svolta molto preoccupante. I gruppi terroristici organizzati sono sempre più attivi lungo il Sahel, che è il confine del Mediterraneo allargato, lì c’è la vera frontiera dell’Europa ed è anche l’area da cui parte il processo migratorio che investe direttamente il nostro Paese".

Il rischio di infiltrazioni terroristiche è attuale ma, come sottolinea il numero uno del Copasir, anche più facile da disinnescare. "Quando i soggetti agiscono all’interno di realtà organizzate, facendo rete tra loro, siamo in grado di dare risposte più efficaci: organizzazione significa comunicazione, ed è quindi più facile individuare chi comunica, cosa comunica e cosa sta preparando. Dopo l’11 settembre le democrazie occidentali si sono attrezzate. La vera sfida oggi sono i lupi solitari". Negli ultimi anni, infatti, dietro a quasi tutti gli attacchi portati a termine c’erano soggetti che non avevano alcuna connessione con le sigle del terrore. Uno dei casi di scuola, il più recente, è quello di Ali Harbi Ali, il venticinquenne di origine somala che ha pugnalato a morte il deputato conservatore David Amess.

"Si tratta di soggetti insospettabili, di terroristi della porta accanto, persone che non hanno mai dato segnali di radicalizzazione e che magari non frequentano neppure le moschee. Temiamo che il ritiro della Nato dall’Afghanistan, quale simbolo della sconfitta dell’Occidente, possa fare da innesco a una nuova chiamata alle armi che si rivolge soprattutto a chi sceglie singolarmente di fare un percorso di radicalizzazione". Gli attacchi sono messi a segno con modalità e tempistiche imprevedibili. Non più utilizzando armi automatiche ed esplosivi, ma con coltelli e furgoni. Gli obiettivi non sono più sedi istituzionali o luoghi simbolo, bensì la strada e la folla indistinta.

Ecco perché il Copasir ha investito il Parlamento della necessità "urgente e non più dilazionabile" di dotare l’Italia "di una disciplina idonea a contrastare in modo più incisivo il crescente fenomeno della radicalizzazione di matrice jihadista, quale nuova frontiera della minaccia terroristica". "L’Italia – rileva Urso – da questo punto di vista è rimasta indietro rispetto al resto d’Europa". Nelle secche parlamentari giacciono numerosi disegni di legge: da quello per l’introduzione del reato di integralismo islamico, all’elaborazione di un piano operativo per prevenire la radicalizzazione tra i giovani, fino all’istituzione di un albo nazionale degli imam.

La partita però oggi non si gioca solo nei luoghi fisici, come quelli di culto o le carceri, ma anche e soprattutto sul web. Ecco perché l’idea avanzata dal Copasir è di equiparare la detenzione di materiale di propaganda jihadista, che il nostro codice penale non considera reato, alla detenzione di materiale pedopornografico. "Se la semplice detenzione di materiale jihadista venisse considerata reato, anticiperemmo la soglia di punibilità, facilitando l’espulsione. Solo così riusciremo a fermare lo spontaneismo armato del terrorista che si radicalizza in casa". Cruciale in questo ambito è anche la neonata agenzia per la cyber-sicurezza e il progetto del cloud nazionale.

"Tutti hanno in mano un cellulare, e da lì passano tutte le informazioni, quindi è chiaro che il Paese deve affinare la capacità di conservazione e controllo dei dati". In Italia, secondo il dossier Viminale 2021, dal primo agosto 2020 al 31 luglio 2021, sono state effettuate 71 espulsioni e i foreign fighter monitorati sono 144. Un dato che Urso definisce "soddisfacente nel contesto legislativo attuale". Un contesto che deve essere necessariamente adeguato alle sfide contemporanee. Se non ora quando? "Se il Copasir, un organismo che per sua natura si muove nell’ambito della riservatezza e della segretezza, decide di rendere pubblico qualcosa vuol dire che individua un problema.

Non si tratta di un’opinione né di un giudizio politico, ma di una constatazione di fatto a cui devono seguire delle risposte".

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