Coronavirus

Test rapidi dai medici di base. "Se rifiutano, precettiamoli"

Siglata l'intesa per i tamponi antigenici dai dottori di famiglia: il 40% dice no. Fontana e Toti: obblighiamoli

Test rapidi dai medici di base. "Se rifiutano, precettiamoli"

«Precettazione» per i medici di famiglia. Obbligare i camici bianchi sul territorio ad eseguire i test rapidi per il Covid19 ai loro pazienti. Una chiamata alle armi invocata ieri dai presidenti delle Regioni Lombardia, Attilio Fontana, e Liguria, Giovanni Toti.

«Bisogna pensare a meccanismi per la precettazione dei medici di base che rifiutano l'attuazione degli accordi raggiunti», la proposta avanzata da Fontana durante il confronto tra governo e regioni.

In Lombardia su 8mila medici di famiglia soltanto 3mila hanno dato la loro disponibilità ad eseguire i test. Proposta rilanciata anche da Toti: «i medici di famiglia vanno coinvolti di più, se d'accordo bene, altrimenti si precettano».

Ma già il governatore del Veneto, Luca Zaia, un paio di giorni fa aveva minacciato «sanzioni» per i medici di base che si rifiuteranno di eseguire i tamponi ai loro pazienti. «Presso l'ambulatorio dei medici di base si farà tutto, e se il dottore ha uno studio non idoneo può accordarsi o con i comuni o con i distretti sanitari per ottenere uno spazio adatto», aveva spiegato Zaia.

L'accordo per l'esecuzione dei test rapidi di accertamento del Covid da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri ha avuto il via libera definitivo dalla Conferenza Stato Regioni ma tra i sindacati dei medici di base soltanto la Federazione dei medici di medicina generale, Fimmg, ha dato piena disponibilità mentre il Sindacato medici italiani, SMI, e il Sindacato nazionale autonomo medici italiani, Snami, hanno alzato le barricate e ribadito un secco no già annunciato prima dell'estate quando si è iniziato ad ipotizzare un loro maggiore coinvolgimento nel contenimento dell'epidemia. Si tratta del 35/40 per cento su un totale di 45mila medici di base. Quindi il via libera ai test è stato dato soltanto per circa 27mila medici, poco più della metà

E occorre sottolineare che anche all'interno della Fimmg la sigla all'accordo ha suscitato critiche: non tutti gli iscritti condividono.

Angelo Testa, Presidente nazionale Snami alza le barricate: «Non siamo assolutamente disposti a transigere sui diritti dei medici di medicina generale e sulla tutela della loro salute e delle loro famiglie, ecco perché lo Snami non ha firmato e rigetta l'intesa». Imporre l'obbligatorietà avrà come conseguenza mettere a rischio la salute di medici anziani o con patologie pregresse e lo stesso vale per i pazienti, sostiene Salvatore Cauchi, addetto stampa nazionale Snami

Pina Onotri, segretario generale , insiste sulla necessità di rafforzare «gli organici degli uffici di Igiene e Sanità Pubblica» oltre che di potenziare le Unità di assistenza territoriale USCA, che, dice «non sono mai state messe in funzione in tutta Italia, nonostante siano state decretate e finanziate da una legge nazionale».

In difesa delle resistenze opposte dai medici il presidente della Federazione nazionale Ordini dei medici, Filippo Anelli che parla di una «assistenza territoriale abbandonata a se stessa. Non è accettabile che un medico di famiglia, ad esempio, debba da solo somministrare 800 vaccini o eseguire decine di tamponi in assenza di personale di studio o di un infermiere. Urge una nuova organizzazione dell'assistenza primaria».

Per il monitoraggio con test rapido da parte dei medici di base è stato previsto nel Dl Ristori un finanziamento di 30 milioni di euro con i quali garantire una fornitura di circa 2 milioni di kit che saranno resi disponibili fino al 31 dicembre.

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