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La testa e i sogni sono già sul Mondiale: la qualità c'è, incognita Chiellini e centravanti

Mancini come Pozzo nel '34 ha gettato le basi: l'obiettivo diventa Qatar 2022. Il centrocampo verde e le ali le sicurezze, ma se sbocciasse un talento...

La testa e i sogni sono già sul Mondiale: la qualità c'è, incognita Chiellini e centravanti

Brividi che corrono lungo la schiena. Cosa ci resterà di questo Europeo? Emozioni, il godimento del calcio. Inteso all'italiana: ovvero l'importante è vincere. Oppure nel modo universale del termine: fateci divertire. Italia nostra stavolta ha lasciato un solco: ben tracciato. E potremmo attingere all'idea di un inglese di successo. Diceva Winston Churchill: «Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti». Avanti e così sia per questa Italia che, neppur tempo di prendere fiato, dovrà rilanciare la sfida per i mondiali del Qatar: appuntamento fra novembre e dicembre del 2022. La via è segnata, 9 punti nelle qualificazioni, ancora 5 partite da giocare fra settembre e novembre: la prima il 2 settembre a Firenze contro la Bulgaria, l'ultima il 15 novembre contro l'Irlanda del nord.

Si ritorna ad una eternità fa, ma c'è contatto fra questa Azzurra ricostruita e riportata al piacere del tifo e quella che modellò Vittorio Pozzo prima di vincere i mondiali 1934. Forse non è un caso che Mancini abbia superato il record (senza sconfitte) dell'antico ct. Pozzo venne chiamato da Leandro Arpinati, ex podestà di Bologna, allora presidente Figc, per rieditare la nazionale: conservò parte della linea difensiva (gli odierni Chiellini e Bonucci), inserì Costantino, pupillo di Bari che non aveva esordito in serie A (leggi Zaniolo, Meret, Verratti, Grifo), andò a pescare in piazze inesplorate che potremmo paragonare ad Atalanta e Sassuolo. Si affidò alla più forte ala sinistra che era Raimundo Orsi, acquistato dalla Juventus. In meno di cinque anni, Pozzo restituì un volto nuovo alla nazionale, confrontandosi con il vippame europeo e riavvicinò gli azzurri al pubblico. A Roma un pareggio con gli inglesi, nella prima sfida assoluta tra Italia e Inghilterra (13 maggio 1933), consacrò la bontà di un gruppo che l'anno successivo sarebbe andato a conquistare il mondiale.

La storia talvolta aiuta a ricordare e a rivalutare il passo dopo passo. Oggi la nazionale di Mancini ha tolto le ragnatele dalle pareti. Non c'è follia nel pensare al prossimo mondiale.

Ora che sarà? Sarà quel che sarà. Il cuore della squadra resterà intatto: Jorginho e Verratti, Pessina, Locatelli e Cristante, Barella e magari il Castrovilli sempre destinato alla tribuna, saranno raggiunti da Zaniolo e Pellegrini. C'è ancora posto per Sensi. Mancio non si farà mancare qualche novità. Chissà: Ricci, che a Empoli promette bene, oppure Tonali. Il tempo è poco per maturare. Servirà un po' di forza fisica, come hanno dimostrato le fatiche di questo Europeo: la fisicità talvolta fa la differenza. Ci inseguiranno i soliti interrogativi: ce la farà Chiellini a durare un altro anno e mezzo? In Qatar potrebbe avere 38 anni: sarà dura. Bonucci resisterà, ma serviranno Acerbi, Bastoni, Toloi, Romagnoli. Difficile sbocci il vero erede di Chiellini. Saremo sempre a sfogliare la margherita sul centravanti: c'è o non c'è? Immobile e Belotti, ma se crescesse Scamacca... Raspadori sarà un Paolo Rossi? Eppoi i corsari delle linee laterali, terzini da corsa (potrebbero aggiungersi Zappa o Calabria) o gente di classe come Chiesa e Insigne. Mentre Kean, Orsolini, Sottil e altri sgomitano.

Ma per ora conta solo che l'Italia sia tornata a volare sulle ali: quelle in campo e quelle della fantasia.

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