Thailandia, scoppia la guerra dello "zio"

Faida con la Cambogia fra le due dinastie al potere. Una parola diventa caso politico

Thailandia, scoppia la guerra dello "zio"
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All'alba di ieri, nei pressi del tempio conteso di Ta Moan Thom, lungo il confine tra Thailandia e Cambogia, è esplosa una delle peggiori crisi militari che abbiano mai coinvolto i due Paesi negli ultimi 10 anni. Fonti ufficiali thailandesi, parlano di almeno 12 persone - tra cui 11 civili, compreso un bambino - morte a causa dei bombardamenti dell'artiglieria cambogiana. Altre 31 sono rimaste ferite e oltre 40mila persone evacuate. Al momento non si conoscono dati su eventuali morti o feriti in Cambogia.

Secondo Bangkok, l'esercito di Phnom Penh ha prima inviato droni da ricognizione oltre il confine, poi ha schierato truppe armate nei pressi di una base militare thailandese, aprendo per primo il fuoco. Poco dopo ha fatto uso anche di artiglieria pesante, tra cui lanciarazzi multipli BM-21, che hanno colpito obiettivi civili: una stazione di servizio, abitazioni private e un ospedale nella provincia di Surin. In risposta, l'aeronautica thailandese ha fatto decollare sei caccia F-16, bombardando due installazioni militari oltre il confine. La Thailandia denuncia un "attacco deliberato contro la popolazione civile", mentre la Cambogia parla di "reazione legittima a un'aggressione".

Lo scontro arriva dopo settimane di tensione crescente. A maggio, un soldato cambogiano è stato ucciso in uno scontro a fuoco. Da allora, le relazioni bilaterali si sono deteriorate rapidamente. Entrambi i Paesi hanno chiuso le frontiere, imposto restrizioni commerciali e aumentato il numero di truppe nell'area contesa. Phnom Penh ha bloccato l'importazione di frutta, verdura e carburante provenienti dalla Thailandia.

Il confine è da sempre una linea fragile. La disputa territoriale ha radici lontane, che risalgono al periodo della colonizzazione francese, quando le demarcazioni non sono mai state chiaramente definite. Nel 2008, il tentativo della Cambogia di registrare il tempio di Preah Vihear come patrimonio dell'Unesco - un altro sito religioso conteso - ha scatenato nuove tensioni e scontri a fuoco.

Negli ultimi giorni, la situazione è peggiorata dopo l'esplosione di mine antiuomo. Il 16 luglio tre soldati thailandesi sono rimasti feriti, mentre mercoledì un altro ha perso una gamba. La Thailandia accusa la Cambogia di avere posizionato nuovi ordigni, mentre Phnom Penh ha risposto che si tratta di mine risalenti ai decenni del conflitto interno e che i soldati thailandesi avrebbero deviato dai percorsi concordati.

Da Pechino, che ha molti interessi nell'area, soprattutto in Cambogia, arriva un appello alla calma. "Entrambe le parti devono gestire la crisi con responsabilità", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri. Anche l'Unione Europea si dice "profondamente preoccupata" e chiede il ritorno al dialogo nel rispetto del diritto internazionale.

Sul piano interno, la situazione politica non favorisce la distensione. In Cambogia, Hun Manet - figlio di Hun Sen, al potere per quasi quarant'anni, fino al 2023 - cerca ancora legittimità in un momento segnato da difficoltà economiche e da un passaggio di comando non del tutto concluso. In Thailandia, l'instabilità è accentuata dall'influenza dell'ex capo del governo Thaksin Shinawatra, figura storica della politica nazionale, su una coalizione fragile. La figlia, Paetongtarn Shinawatra, è stata sospesa recentemente dalla carica di premier e il Paese è attualmente guidato da un primo ministro ad interim. Sospesa proprio dopo una telefonata in Cambogia. La premier chiama Hun Sen, lo conosce da sempre, lo chiama "zio".

Durante la conversazione, muove qualche critica nei confronti del generale Boonsin Phadklang, responsabile dei reparti thailandesi che si trovano al fronte. La telefonata viene registrata e diffusa sui social da Sen. Crisi genera crisi.

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