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Toghe rosse a congresso con la vignetta anti Lega

Arruolato Vauro per lanciare l'assemblea di Md. Ma l'invasione di campo scatena un altro caso

Toghe rosse a congresso con la vignetta anti Lega

San Martino, quando ad Amiens incontrò un povero, gli regalò metà del suo mantello: ma l'altra metà se la tenne. Il magistrato democratico del 2019, invece, al migrante regala la sua toga per intero. E rimane in giacchetta e pantaloni, con in testa - unica testimonianza superstite del ruolo - il buffo cappellino che si usa nelle cerimonie.

È la vignetta di Vauro che Magistratura democratica, la corrente storica delle toghe di sinistra, ha scelto ad effigie del suo congresso nazionale. E che ha fatto storcere il naso a più d'uno, fuori e dentro del mondo giudiziario. Non solo perché quel gesto, apparentemente di puro affetto, ai critici sembra simboleggiare l'abdicazione al ruolo: il giudice che si toglie la toga rinuncia ad applicare la legge? Poi c'è la frase sotto la vignetta: «Dalla parte dei sommersi». E qua c'è poco da interpretare: sui temi della sicurezza e dell'immigrazione, Md si schiera compatta contro il governo, e dedicando a questo tema il suo congresso elegge lo scontro con il vicepremier Matteo Salvini a battaglia identitaria.

Alle accuse di «fare politica», Md è abituata da sempre: colpa che ammette e anzi rivendica, in nome del diritto del cittadino-magistrato a dire la sua nella vita della polis. Ma la polemica con Salvini sui migranti ridà inevitabilmente fiato a chi da sempre accusa Md non solo di intervenire con scarso rispetto dei ruoli nella vita delle istituzioni parlamentari, ma soprattutto di non tenere separati i due ambiti. Di travasare, cioè, le opinioni politiche dei suoi militanti nelle decisioni processuali dei medesimi. Col risultato che a volte i comunicati di Md sembrano delle sentenze, e viceversa.

Di questo travaso di opinioni si era visto un esempio lampante di recente, e anche lì c'era di mezzo Salvini. Era accaduto quando il tribunale dei ministri di Catania aveva deciso, contro il parere della Procura, l'imputazione coatta di sequestro di persona a carico del ministro dell'Interno, reo di avere tenuti bloccati 177 migranti a bordo della nave Diciotti: i tre giudici autori della sentenza erano tutti appartenenti a Md, e nelle loro motivazioni echeggiavano alcuni degli argomenti che più spesso Questione Giustizia, l'organo della corrente, sventola contro le politiche in materia di immigrazione del governo gialloverde. La Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, come è noto, ha votato l'immunità a Salvini: e anche questo ha innescato un moto di indignazione sulle mailing list della corrente.

«Il giudice nell'Europa dei populismi», si intitola il congresso di Md che si apre domani vicino Latina: ma il vero tema rischia di essere uno più domestico e diretto, ovvero il ruolo delle «toghe rosse» all'interno della magistratura italiana. Md è in crisi, dicono i dati delle ultime elezioni interne: ma più dell'arido calcolo delle tessere, a raccontare la crisi è il disorientamento di una corrente che non riesce a sganciarsi da prassi ataviche di occupazione del potere giudiziario, fino a sposare alleanze innaturali. Su alcune nomine cruciali, all'interno del Csm i membri di Md hanno votato insieme ai destro-grillini di Autonomia e Indipendenza: la corrente il cui fondatore, Piercamillo Davigo, in una intervista alla Stampa di pochi giorni fa, ha spiegato che il problema della giustizia in Italia è che c'è troppa poca gente in galera. Una tesi che Davigo sbandiera da tempo, ma che sembrava inconciliabile con il garantismo che fu una delle ragioni fondanti di Md.

Ma forse quel garantismo ormai appartiene al passato.

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