J eans, camicia aperta, zazzera arruffata dal vento che a Ferragosto soffiava su Genova. E parole di fuoco. Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture, all'indomani della tragedia del Ponte Morandi, era il ritratto dell'indignazione popolare diventata autorità dello Stato. Dopo il sopralluogo con un Luigi Di Maio altrettanto trafelato, ecco la dichiarazione consegnata ai cronisti sul luogo del disastro: «Un paese civile e moderno com'è l'Italia non può permettersi di vedere fatti tragici come questo, chi ha sbagliato deve pagare fino alla fine». Proseguiva lo sfogo di Toninelli: «La prima cosa che faremo, ovviamente, è quella di andare a vedere la convenzione stipulata con Autostrade per l'Italia». Ma proprio dalla lettura di quel documento, potrebbero venire fuori le responsabilità di mancata vigilanza da parte del dicastero guidato dal grillino.
Sul sito del Mit è disponibile la convenzione stipulata tra Autostrade per l'Italia e Anas. All'epoca della firma dell'accordo, nel 2007, il concedente era Anas, ma dal 2012 le competenze di vigilanza sulle società concessionarie sono state trasferite al Ministero delle Infrastrutture, attraverso la «Direzione Generale Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali». Tra i compiti della struttura c'è «la vigilanza e controllo sui concessionari autostradali, inclusa la vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e il controllo della gestione delle autostrade il cui esercizio è dato in concessione». All'articolo 28 della convenzione si legge: «Il Concedente vigila affinché i lavori di adeguamento delle autostrade siano eseguiti a perfetta regola d'arte a norma dei progetti approvati, senza che per il fatto di tale vigilanza resti diminuita la responsabilità del Concessionario in ordine all'esecuzione dei lavori». Inoltre «il Concedente vigila anche sui lavori di manutenzione ordinaria, straordinaria e sui ripristini». Tutto ciò contrasta, come faceva notare persino l'ex ministro Antonio Di Pietro, con la possibilità che il Mit possa costituirsi parte civile in un futuro processo. Cosa però già annunciata da Toninelli nei giorni immediatamente successivi al crollo.
Le stesse perplessità sono state manifestate dal sociologo Luca Ricolfi, in un lungo articolo pubblicato dal Messaggero il 18 agosto. Ricolfi scrive che il ministero ha il compito della «verifica del rispetto dei parametri tecnici di qualità e sicurezza da parte delle società private che gestiscono le autostrade». E spiega: «Non saprei dire (non sono un giurista) se qualche vittima potrebbe costituirsi parte civile contro il Ministero delle Infrastrutture, o accusare il ministro di omesso controllo». Ricolfi conclude il concetto: «Ma non mi sembra possano esservi dubbi sul fatto che, su un piano politico e morale, oltre alla responsabilità della società concessionaria, vi sia anche una responsabilità del concedente e cioè del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti».
Toninelli è ministro da poco meno di tre mesi, quindi si tratta di eventuali responsabilità che coinvolgerebbero anche e soprattutto i suoi predecessori dei governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni: Corrado Passera, Maurizio Lupi e Graziano Delrio. Ma il grillino, per ciò che riguarda quanto avvenuto negli ultimi mesi, non è escluso possa essere coinvolto in qualità di massimo rappresentante del ministero.
E per lui arriva una nuova tegola dall'Espresso: nella commissione d'inchiesta costituita personalmente dal ministro Toninelli figura l'ingegnere Bruno Santoro, dirigente del Mit che tra il 2009 e il 2013, secondo il settimanale, ha avuto incarichi da Autostrade per l'Italia: per un totale di 70mila euro in quattro anni. «Incarichi autorizzati dall'amministrazione dell'epoca», è stata la replica dell'ufficio stampa del ministro.