Roma - La lettura della lista dei ministri da parte di Paolo Gentiloni offre una prima risposta a chi, nel Pd, ha tentato di interrogarsi sulle ragioni della sconfitta referendaria. La vera responsabile della batosta non è certo Maria Elena Boschi, premiata con un incarico pesante come quello di sottosegretario alla presidenza del Consiglio nonostante fosse diventata le testimonial di una frenetica campagna referendaria in Italia e nel mondo. No, la grande colpevole (o il grande capro espiatorio) per lo stato maggiore renziano è Stefania Giannini, l'unica vera esclusa dal governo-Gentiloni-Renzi.
A lei viene imputata per la fredda accoglienza avuta dalla riforma «La Buona Scuola», con l'infornata dei centomila precari, e il mancato riscontro elettorale nella platea degli insegnanti. Ma il ministro paga anche lo scarso appoggio interno al partito di provenienza (la Giannini viene da Scelta civica), nonostante ora sia confluita nel Pd.
Per la «grande silurata» della transizione ultra-soft dal governo Renzi al governo Gentiloni si racconta si sia mosso anche il presidente Mattarella, ma il segretario del Pd sarebbe stato irremovibile. Insidiata nel totonomine dalla Responsabile Scuola del Pd, Francesca Puglisi, alla fine ha dovuto cedere il passo alla sindacalista di estrazione Cgil, Valeria Fedeli. Sulla decisione avrebbe inciso anche l'approccio critico della sinistra Pd che con Roberto Speranza pochi giorni fa aveva indicato nella Buona Scuola uno dei motivi di «rottura sociale con il Paese», una riforma «che ha messo il Pd in rotta di collisione con insegnanti e Studenti». E in effetti nel suo tour referendario Matteo Renzi ha dovuto sperimentare diverse volte le proteste di piazza e i sit-in degli studenti, schierati contro di lui e il «modello aziendalistico» a loro dire adottato dal premier, con una rabbia manifestata soprattutto contro tirocini e stage non retribuiti considerati un fallimento dall' 80% degli studenti italiani.
Stefania Giannini è rimasta due anni e dieci mesi alla guida del Miur. Un incarico a cui era stata destinata alla luce del suo curriculum che prevedeva nell' Ateneo per Stranieri di Perugia prima la cattedra di Linguistica e poi il rettorato. Il suo approccio alle avversità politiche è sempre stato leggero e sorridente. Lo stesso atteggiamento adottato quando fu fotografata in topless: «Almeno vi sarete accorti che non sono una donna rifatta».
Una battuta accompagnata poi da una riflessione più seria: «Io sono stata messa in croce per mesi perché prendevo il sole a casa mia, in Toscana, in una spiaggia praticamente privata. A un ministro danese non sarebbe successo: questo è il contesto culturale e sociale in cui viviamo e approviamo le nostre leggi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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