Torna libero Brusca, il killer di Capaci

Uccise Falcone. La sorella: "Amareggiata, ma è una legge voluta da Giovanni"

L'arresto di Giovanni Brusca
L'arresto di Giovanni Brusca
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Giovanni Brusca è libero. Il 23 maggio 1992 scrisse una delle pagine più nere della storia d'Italia azionando il telecomando che fece saltare in aria il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Sulla sua coscienza ci sono tanti di quei morti che non li ricorda tutti (gliene sono stati addebitati 150). Tra loro il piccolo Giuseppe Di Matteo, colpevole di essere figlio di pentito. Fu rapito, tenuto prigioniero per 779 giorni, strangolato e sciolto nell'acido. Le parole Brusca e libertà suonano come un ossimoro e, stridendo, alimentano il dibattito. Dura lex, sed lex e così, dopo aver scontato 25 anni, gli ultimi 4 in libertà vigilata, l'ex boss di San Giuseppe Jato è libero. Continuerà a vivere sotto falsa identità, in un luogo segreto lontano dalla Sicilia, e resterà sottoposto al programma di protezione, dettaglio che alimenta le polemiche. Queste sembrano appartenere al personaggio che ha fatto sempre discutere, sin da quando finse di essere pentito, ma poi decise di collaborare, beneficiando dei vantaggi previsti. Il dolore che ha segnato le vite dei familiari delle vittime è oggi una ferita riaperta.

C'è chi non accetta il ritorno alla libertà, c'è chi invece, pur amareggiato, confida nella legge voluta da Falcone. Maria, sorella del magistrato, commenta da un lato come «cittadina» e «sorella» che non può «nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre», dall'altro come «donna delle Istituzioni» che sente «anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall'interno». Quest'ultimo giudizio non cancella che «Brusca è autore di crimini orrendi». Anche per Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, «la legge è questa, c'è poco da fare. Ha scontato la pena, ha usufruito del trattamento previsto dalla legge per i collaboratori. Dico solo che, anche da uomo libero, resta un criminale».

Tuona contro la riacquistata libertà la vedova Tina Montinaro, moglie di Antonio, caposcorta di Falcone. «Non è giustizia dice -. A distanza di 33 anni i processi continuano e noi familiari non sappiamo la verità. Credo sia indegno che Brusca, per quanto abbia avuto accesso alla legge sui collaboratori di giustizia, sia libero. Anche i collaboratori sono dei criminali. Mi aspetto che la città si indigni. Se è vero che è cambiata».

È polemico, oltre che «molto amareggiato» Giuseppe Costanza, autista di Falcone. La morte l'ha vista con gli occhi, unico superstite della strage. «Chi ha ucciso anche bambini non dovrebbe uscire più di prigione. Essere scarcerati dopo 25 anni e magari con qualche vitalizio. È un premio? Ora Brusca ce l'abbiamo in giro. Viva l'Italia. Ecco, adesso festeggiamo la liberazione. Ha scontato 25 anni, ma chi è morto non torna più». Invitano a evitare reazioni sull'onda emotiva della notizia, Pietro Grasso, già procuratore nazionale antimafia e il presidente del M5s Giuseppe Conte. «Lo so dice Grasso - la prima reazione è rabbia e indignazione. Ma la legge per cui ora Brusca è considerato libero l'ha voluta Falcone e ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Riina, Provenzano e Messina Denaro.

Con Brusca lo Stato ha vinto 3 volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare e ora che è esempio per i mafiosi, perché l'unica strada per non morire in carcere è collaborare». «Quella legge ha consentito di debellare cupole mafiose ed evitare stragi», dice Conte che coglie l'occasione per dire di fare attenzione a non concedere benefici a chi non collabora.

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