È difficile dare una definizione precisa del presidente dell'Inps, l'economista Tito Boeri. Ma se esistesse, sarebbe una via di mezzo tra «il più innovatore dei conservatori» e «il più conservatore degli innovatori». Anche ieri, intervistato da Maria Latella, ha insistito su alcune tematiche inserite nel dossier «Non per cassa ma per equità» che inviò al presidente del Consiglio Matteo Renzi. E il fatto che non abbia abdicato ai propri convincimenti, nonostante il premier non ne abbia fatto tesoro indica di che pasta sia fatto l'uomo. Soprattutto perché da qualche tempo è passato dalla moral suasion alla precisa indicazione delle problematiche rimaste sul tappeto.Ad esempio, ha detto ieri, «si può avere più flessibilità senza violare le regole europee e, al tempo stesso, fare qualcosa per i giovani». Secondo Boeri, infatti, bisognerebbe chiedere all'Unione europea di allargare i cordoni del deficit/Pil per «finanziare nell'immediato questa maggior uscita flessibile verso il pensionamento a condizioni che siano sostenibili». È una tematica che in Parlamento piace a molti (alla sinistra del Pd ma anche il centrodestra nel suo complesso ne è affascinato perché si tratta di una misura intrinsecamente liberale), ma non al capo del governo. La tesi di Boeri è che, scardinando la legge Fornero, si avrebbero dei costi aggiuntivi nell'immediato, ma «a lungo andare non ci sarebbe» una ricaduta negativa.Flessibilizzare il pensionamento con una penalizzazione commisurata all'anticipo rispetto alla data di uscita dal lavoro prevista è il sogno di Boeri. Un tempo lo era anche di Renzi, ma Padoan lo ha riportato con i piedi per terra. Da quest'anno si va in pensione a 66 anni e 7 mesi per gli uomini (65 e 7 mesi per le donne) con 41 anni e mezzo di contributi, anche applicando forti penalizzazioni nell'ordine del 20-30% per chi volesse anticipare almeno a 62 anni, i conti dello Stato andrebbero subito in gran sofferenza.Di qui il piano di Boeri: tagli a vitalizi e pensioni sopra gli 80-85mila euro l'anno e poi, progressivamente (anche se non è mai stata detta l'ultima parola) un ricalcolo con il sistema contributivo di tutte le pensioni. Il risparmio, stimato a regime in oltre 100 miliardi, non solo finanzierebbe la libertà di ritirarsi dal lavoro prima di avere l'età di Matusalemme, ma darebbe spazio anche a un nuovo tipo di welfare che a Boeri sta molto a cuore.La vera emergenza sociale in Italia per il presidente dell'Inps sono i poveri e gli over 55 che perdono il lavoro perché «la povertà è aumentata molto». Il suo progetto di riforme prevede, infatti, l'istituzione di un sussidio per gli over 55 che perdono il lavoro, che hanno un reddito basso e al massimo una casa di proprietà e che non hanno molte speranze di trovare un nuovo impiego. Questo sussidio li accompagnerebbe alla pensione senza lasciarli in braghe di tela. Al contrario Boeri è stato sempre critico verso le misure pro-esodati perché «con le salvaguardie ci sono persone che prendono una pensione da 6-10mila euro al mese e questo ci dice che quel meccanismo non funziona bene».Non sono idee rivoluzionarie ma, per lo meno, implicano un cambiamento di prospettiva: avvantaggiare chi ha meno tutele, garantire un po' più di libertà e penalizzare chi percepisce trattamenti non commisurati al valore dei contributi versati (di qui le simpatiche «noterelle» Inps sullo sbilancio delle varie gestioni che non poco hanno fatto infuriare il governo).
«Quelli che vogliono uscire, pur rinunciando ad un pezzo delle loro pensioni, lasciamoli uscire, perché questo favorirà l'ingresso di nuovi giovani», ha concluso. Parole nobili che lasciano irrisolta un'altra questione: i 100 miliardi circa con cui lo Stato finanzia ogni anno quelle gestioni previdenziali sistematicamente in rosso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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