Cultura e Spettacoli

Le trans scatenano la guerra nella casa di Harry Potter

Insulti, attacchi e scuse tra i protagonisti della saga per la definizione di "persone con le mestruazioni"

Le trans scatenano la guerra nella casa di Harry Potter

Le trans scatenano un pandemonio nella casa del maghetto più famoso al mondo. Dopo giorni di polemiche e insulti, spunta Harry Potter in persona nella vita l'attore Daniel Radcliffe - a scagliarsi anche lui contro mamma J. K. Rowling, la scrittrice inglese che dalla saga letteraria lo ha lanciato nell'Olimpo cinematografico. «Le donne transgender sono donne», spiega Radcliffe-Potter scusandosi con i fan per le parole dell'autrice, considerate offensive. «A tutte le persone che ora sentono che la loro esperienza con i libri (della saga) è stata offuscata o diminuita, sono profondamente dispiaciuto per il dolore che questi commenti vi hanno causato», scrive l'ex maghetto sul sito di Trevor Project, associazione che sostiene chi è a rischio suicidio nella comunità Lgbtq.

Ma di quali commenti si scusa Harry Potter? Tutto nasce su Twitter, ormai culla e megafono di ogni diatriba degna del nostro tempo. Di fronte a un articolo dal titolo «Creare un mondo più equo dopo il Covid per le persone che hanno le mestruazioni» (apparso sul sito Devex), la scrittrice inglese qualche giorno fa ha ironizzato sull'espressione, considerata a dir poco infelice. «Le persone con le mestruazioni... scrive la Rowling Sono sicura che ci fosse una parola per quelle persone. Qualcuno mi aiuti. Wumben? Wimpund? Woomud?». Il tono è evidentemente sarcastico e insieme polemico. La parola che si avvicina di più a quelle elencate dalla Rowling è evidentemente «women», donne, nel senso che per l'autrice non c'è dubbio che sono loro le persone con le mestruazioni. E allora perché aver così paura di chiamarle con il loro nome? Ecco il senso del suo tweet. Ma il commento viene subito tacciato di transfobia. E da quel momento per la Rowling non c'è più pace. Tornata sotto i riflettori con il coronavirus, dopo aver offerto gratuitamente la fiaba per bambini, The Ickabog, pubblicata a puntate (in Italia dall'editore Salani), la scrittrice deve difendersi dal fuoco di fila di chi considera le sue parole un attacco soprattutto alle trans e non solo. Il senso delle accuse è questo: anche senza mestruazioni si può essere donne. Come le trans, come le donne in menopausa o come tutte le altre donne che per problemi di salute non hanno più il ciclo.

Perciò la scrittrice è dovuta tornare sull'argomento. Prima ricordando di occuparsi da almeno tre anni del tema trans, grazie alla lettura di blog e lavori scientifici. Poi difendendo la posizione che ha sulla questione, lei che è una femminista e non vuole che venga dimenticato il sesso biologico di una persona: «Conosco e amo i trans, ma cancellare il concetto di sesso significa cancellare la capacità di molti di discutere in modo significativo delle loro vite. Dire la verità non vuol dire odiare». E ancora: «Marcerei con voi se foste discriminati perché trans. Allo stesso tempo la mia vita è stata plasmata dall'essere donna. Non credo che dirlo significhi odiare». Infine la Rowling ha voluto rimarcare come l'odio per le donne, quello sì, sia ancora vivo e vegeto, anzi «eterno» come lo definisce lei, che ha voluto far conoscere una minima parte della valanga di insulti che le sono piovuti addosso: «Feminazi. Cagna. Strega. Terf (cioè Trans-Exclusionary Radical Feminist, femminista radicale che esclude le persone transessuali).

Da tempo l'argomento trans spacca il Regno Unito. Lo scontro è diventato anche materia giudiziaria. E riguarda il Tavistock and Portman NHS foundation trust, l'unico centro del servizio sanitario nazionale britannico per la «riassegnazione del genere». Qui centinaia di bambini e ragazzi, diagnosticati come trans, vengono indirizzati verso trattamenti ormonali considerati dannosi o di cui non si conoscono i rischi sul lungo termine.

Il caso è ora di fronte all'Alta Corte, che dovrà decidere se sarà ancora possibile per i pazienti minorenni poter dare il proprio consenso al «blocco artificiale della pubertà», pratica sempre più diffusa nella clinica, o se - come chiedono i ricorrenti - la procedura sia illegale sotto i 18 anni.

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