C'è una trappola nascosta in due emendamenti (per ora ritirati) che rischiano di cancellare il diritto di successione, modificando radicalmente il Codice Civile. L'obiettivo dichiarato? Rendere più semplice la commercializzazione dei beni di provenienza donativa. In pratica si vuole dare la possibilità di monetizzare subito un bene donato dai genitori, con l'intento di favorire l'accesso al credito ipotecario di chi acquista l'immobile, eliminando però di netto le tutele concesse ai cosiddetti eredi legittimari (figli e coniugi).
Gli emendamenti chiave al dl Semplificazione, in discussione in Parlamento nei prossimi giorni, sono due, firmati da Lega e M5s. Il progetto di riforma di alcuni articoli del codice civile (561, 562, 563, 804, 2652, 2653 e 2690) secondo gli esperti contattati dal Giornale «nasconde risvolti pratici potenzialmente catastrofici».
Tutto ruota intorno al meccanismo della cosiddetta donazione. Il genitore che decide di «anticipare» l'eredità può donare un bene a uno dei figli. Ma secondo le norme attuali, la donazione è strutturata in modo che, alla morte di chi dona, gli altri eredi possano vantare i loro legittimi diritti. Se per ipotesi la quota di eredità che spetta agli altri eredi non è sufficiente, si può chiedere al soggetto che ha ricevuto il bene in dono la restituzione dell'immobile. E se il bene non fosse più nella disposizione del donatario, il diritto verrebbe esteso anche ai suoi «aventi causa», vale a dire gli eredi del beneficiario del bene, eventuali donatari e persino i terzi che hanno acquisito l'immobile. È una tutela «reale» che ha lo scopo di difendere e preservare il patrimonio della famiglia.
Chi oggi vuole vendere un bene donato può farlo, ma serve un atto notarile ad hoc (si chiama «risoluzione per mutuo consenso») e/o con la sottoscrizione di un'assicurazione che, in caso di dissidi sul patrimonio, tutela tutte le parti in causa: eredi legittimari, terzi acquirenti e banca.
Con la modifica prevista dagli emendamenti di Lega e M5s, invece, il diritto degli eredi legittimi al bene si trasformerebbe in un mero «diritto di credito», per di più ristretto solo all'erede che riceve in bene il dono, non ai suoi familiari. Banalmente, se l'erede che riceve il bene in dono avesse speso tutti i soldi incassati dalla cessione dell'immobile e fosse dichiarato incapiente, o peggio ancora irreperibile, il credito degli eredi diventerebbe carta straccia.
Per chiarire si possono fare due esempi. Una persona anziana può essere irretita e costretta a donare il suo unico immobile al badante straniero, senza che i figli (magari residenti in un altro Comune o all'estero) ne sappiano nulla. La badante, secondo le norme riscritte dall'emendamento del governo, potrebbe vendere il bene, trasferirne i proventi alla famiglia di origine e rientrare al proprio Paese, rendendosi irreperibile. Ai figli, che potrebbero scoprire l'inganno solo alla morte del genitore, non resterebbe nulla. Altro esempio: un imprenditore, capofamiglia di un nucleo facoltoso, decide di donare un immobile a uno dei tre figli con l'ok degli altri due. Scoppia una crisi finanziaria che costringe l'azienda di famiglia a ripianare i debiti societari con il patrimonio familiare.
Alla morte dei genitori ai due figli resterebbero solo debiti, mentre nel frattempo il fratello ha venduto la casa e ne ha comprata un'altra intestandola alla moglie. Con la riforma del governo nessuno di loro ha alcuna possibilità né alcuno strumento per recuperare la quota di eredità legittima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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