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Le tre mosse per fermare l'onda

Accordi coi Paesi d'origine, guerra ai traffici e Piano Africa

Le tre mosse per fermare l'onda

Non basta il decreto Ong per invertire la tendenza di un disastroso 2022, che ha registrato da gennaio 104.061 sbarchi, oltre il 55% in più rispetto all'anno precedente. Le Ong del mare hanno sbarcato in Italia più di 12mila migranti, in gran parte economici, che non scappano dalle guerre. Numeri importanti, che però rappresentano circa il 12% del totale. Se vogliamo tamponare l'ondata bisogna mettere in cantiere almeno tre mosse cruciali. La prima con accordi o pressioni sui principali paesi di partenza, la seconda dichiarando guerra ai trafficanti e la terza, più a lungo respiro, con un piano Marshall per l'Africa che disincentivi l'emigrazione a monte.

Fra le prime nazionalità degli arrivi ci sono i tunisini, ben 18.129 nel 2022. Il governo italiano dovrebbe stringere un accordo, come era in parte avvenuto in passato, facendo intervenire la Marina militare al fianco della Guardia costiera tunisina per fermare i barchini dei migranti facendoli tornare indietro. Non sarebbe un respingimento vietato. La Tunisia è un porto sicuro e la Guardia costiera locale, se vuole, interviene in maniera efficace. Dal 30 dicembre ha intercettato 22 volte le barche dei migranti, ma con l'aiuto italiano si alzerebbe una barriera. Il paese nordafricano attende da anni di stringere un accordo con l'Ue, sulla falsariga di quello chiuso con la Turchia, che aveva tamponato la rotta balcanica. Nonostante visite e proposte tutto si è arenato a Bruxelles. La Commissione europea storce il naso sulla presa del potere del presidente Kaïs Saïed. Forse dovrebbe fare più attenzione agli europarlamentari e funzionari vari che si fanno corrompere non solo dal Qatar.

In testa alla lista degli arrivi ci sono 20.509 egiziani, che entrano clandestinamente in Libia e da luglio hanno cominciato a partire in massa anche dalla Cirenaica con pescherecci che trasportano 500 migranti alla volta. Nel disgelo con il presidente Abd al-Fatt Al Sisi bisognerebbe chiedere a gran voce che l'Egitto sigilli la frontiera con la Libia. La terza nazionalità di illegali, che non scappa da guerre, sono i 14.932 cittadini del Bangladesh. Una mafia di colletti bianchi annidata a Dacca finanzia i viaggi della «speranza» con cifre che arrivano anche a 10mila euro. I migranti una volta sbarcati in Italia devono restituire la somma lavorando anni per pagare interessi da strozzini. Prima con le buone, attraverso vie diplomatiche, si può chiedere al governo del Bangladesh di intervenire con fermezza. Se non bastasse si passa a maniere forti comprese sanzioni unilaterali.

Nonostante l'inaffidabilità dell'Europa il governo sta studiando un intervento della Ue per dichiarare «guerra» ai trafficanti. Un'ipotesi è riesumare l'ultima fase della missione Sophia, mai diventava operativa, che doveva stroncare la rete del traffico. Gli inglesi volevano addirittura operazioni di incursori a terra per distruggere o affondare gommoni e pescherecci utilizzati per la traversata dei migranti. Oltre ad una caccia vera e propria ai trafficanti di esseri umani. Per farlo è necessario accordarsi con i governi libici rivali, impresa non semplice, ma si potrebbe puntare anche a una «caccia» ai proventi del traffico da confiscare, spesso investiti in Occidente e comunque al di fuori dalla Libia.

La terza mossa, che non possiamo sostenere da soli, è un piano Marshall per l'Africa, che disincentivi a monte la volontà di partire garantendo un'alternativa economica migliore a casa propria.

Il piano, a medio o lungo termine, richiede tempo e tanti soldi, ma l'alternativa è che l'ondata di sbarchi continui ad aumentare con o senza Ong.

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