Tredicenne accoltella il fratello: «Picchia mamma»

Lite per il cellulare degenera nel Trevigiano. Il ferito, 15 anni, si salverà. La madre: «Un incubo»

Nino Materi

Un quindicenne un po' bulletto - anzi, decisamente stronzetto - che alza le mani sulla madre. Motivo? La mamma lo aveva sgridato perché era sempre attaccato al cellulare. Ma lui, invece di mollare lo il cellulare, preferiva mollare ceffoni alla madre. Non era la prima volta. Non sarebbe stata l'ultima. Se non fosse intervenuta una persona. Il padre, penserete voi. Magari riappropriandosi, occasionalmente, di quella autorevolezza di ruolo che ormai la società non riconosce più ai padri. E invece no. A difendere la donna, interviene un'altra «donna». Di appena 13 anni. È la sorella minore del bulletto-stronzetto che, dinanzi all'ennesimo atto di violenza, decide di punirlo con la stessa sporca moneta. Prende un coltello dal cassetto della cucina e lo infilza nella carne del fratello.

Teatro della tragedia, un'abitazione di un comune dell'hinterland di Montebelluna, nel Trevigiano. La madre assiste alla scena. Impotente. Sotto choc. Non riesce a fermare la figlia. Il pavimento si macchia di sangue. Arrivano i soccorsi. Il quindicenne viene portato in ospedale. La ferita è grave ma non mortale. La baby-feritrice, considerata l'età, non è imputabile e verrà solo segnalata al Tribunale dei minori. Per lei nessuna denuncia, e quindi nessun processo e tantomeno condanna. La madre dice ai carabinieri: «È un incubo. Non riesco a capire».

Ma il problema più urgente è proprio questo: capire. C'è chi interpreta l'accoltellamento contro il fratello come un «gesto d'amore» nei confronti della mamma; altri ritengono quella reazione il riflesso di un contesto violento in cui vivrebbe la tredicenne.

Sta di fatto che la reazione della ragazzina ha sorpreso tutti. Ma non chi, coi problemi del disagio giovanile, ci lavora ogni giorno. Come nel caso della psicologa e psicoterapeuta Vera Slepoj, che nel suo ultimo saggio «La psicologia dell'amore» (Mondadori) affronta i principali temi legati alla patologia dei sentimenti.

«Il gesto di questa ragazzina - sottolinea Slepoj - deve farci riflettere. Ci troviamo dinanzi a un comportamento che dimostra come, a soli 13 anni, si possa già maturare una profonda sfiducia verso i filtri sociali della legalità. Questa piccola donna, infatti, non chiede aiuto ai vicini, non avverte la polizia, ma scende direttamente sul terreno della contesa sanguinosa. È come se la 13enne avesse vissuto l'aggressione alla mamma come una violenza a se stessa. E poco importa che a perpetrarla sia il fratello o un estraneo. Dinanzi alla prevaricazione anche i vincoli familiari possono sciogliersi nel mare dei disvalori».

Al momento della tragedia l'«uomo di casa» era al lavoro: quando è rientrato e ha visto il lampeggiante dei

carabinieri, ha capito che qualcosa di grave era successo. La moglie gli ha spiegato tutto. Lui si è seduto e ha chiesto un bicchiere d'acqua. In testa la maledetta domanda che assilla i padri assenti: «Dove ho sbagliato?».

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