Tredicenne scappa dai genitori naturali: «Nostalgia di mamma»

Si è fatta portare in macchina fino a Paternò All'insaputa della famiglia adottiva

N ostalgia canaglia. Che ti porta a tredici anni a lasciare la piscina in cui fai nuoto sincronizzato e a fare chissà come quasi ottanta chilometri di sera per trascorrere la notte dai tuoi genitori naturali e rivedere il tuo fratellino. Mentre i tuoi genitori adottivi impazziscono di ansia e dolore a casa.

Marika ha tredici anni. Ha i capelli castani mossi e lunghi e un sorriso da cartoon largo come una giornata di sole. È una ragazzina come tante, a parte il fatto che ha iniziato la sua vita con una famiglia e l'ha proseguita con un'altra, a cui è stata data in adozione qualche anno fa da un giudice dopo essere stata sottratta ai suoi genitori che non riuscivano a garantirle il futuro. Lunedì va come sempre alla Cittadella dello sport di Siracusa, dove frequenta un corso di nuoto sincronizzato. Fa la sua lezione, fa la doccia, si riveste, si asciuga i capelli ed esce. Anzi no. Prima di farlo, raccontano le sue compagne, parlotta al cellulare forse con qualcuno che deve venirla a prendere. Non certo suo papà adottivo, un medico (la mamma lavora in un hotel), che la aspetta a lungo fuori dal cancello del centro sportivo, nel punto esatto dove si incontrano sempre. Un minuto, cinque minuti, dieci, mezz'ora. Poi l'uomo si allarma, la chiama al cellulare ma Marika lo ha staccato, chiede in giro, e infine avverte la polizia.

Inizia la ricerca, affannata, in apnea. Inizia la notte più lunga per i genitori di Marika. La squadra mobile e i carabinieri si muovono con i loro canali, così come fanno tante persone che condividono sui social network le informazioni sulla ragazzina, i jeans che indossa, la maglietta blu, la borsa sportiva color fucsia. Per qualche ora Marika è un angosciato topic trend su facebook e su twitter. Alla fine ieri mattina Marika viene ritrovata. Qualcuno pensa di andare a vedere a casa dei suoi genitori naturali, a Paternò, in provincia di Catania, lì non c'è nessuno, ma Marika è in casa di un'amica, poco distante. «Avevo nostalgia di mia mamma e del mio fratellino», racconta sciogliendosi in lacrime agli investigatori.

Quello che è successo dopo le 19 di lunedì non è chiarissimo. Marika racconta di aver litigato con la mamma adottiva, di avere avuto una crisi di pianto, di aver deciso una volta uscita dalla piscina di farsi un giro per schiarirsi le idee, di essere stata caricata a bordo di un'auto da una persona che si è impietosita, forse una donna, che le ha chiesto se doveva portarla a casa. E lei ha detto di sì, ma invece di indicare il suo indirizzo di Siracusa ha dato all'autista quello della sua famiglia di origine a Paternò, in un'altra provincia, in un'altra zona della Sicilia. La donna forse si è sorpresa per la distanza o forse non ha battuto ciglio ma l'ha accompagnata senza intuire la ferita che c'era dietro quella insolita richiesta.

Un racconto che lascia molti dubbi agli investigatori.

Chi è la donna che ha caricato la ragazza, e come si è comportata con lei? Marika ha visto la mamma naturale e il fratello? E perché nessuno ha pensato di chiamare per rassicurarli, o almeno di avvertire la polizia? «Sono in corso da parte degli inquirenti ulteriori approfondimenti», dicono con piglio burocratico dalla questura di Siracusa. Nessun reato finora è stato accertato. Il sollievo è stiracchiato. Due vite sono spesso troppo per un adulto, figuriamoci per Marika, tredici anni e un borsone con dentro un costume ancora umido.

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