Cronaca nera

Dal tribunale del popolo ai rischi di polizia etica

Ora che il bubbone è scoppiato, in modo tragico e devastante, è opportuno fare un passo indietro

Dal tribunale del popolo ai rischi di polizia etica

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Ora che il bubbone è scoppiato, in modo tragico e devastante, è opportuno fare un passo indietro. Per poter osservare la situazione da una prospettiva un po' più ampia. Perché questa modernissima e al contempo medievale gogna mediatica non è nata all'improvviso, ma è un metodo - incarnato in questo caso dalla coppia Lucarelli-Biagiarelli e in migliaia di altri casi da legioni di illustri sconosciuti - costruito negli anni. Un meccanismo alla base del quale c'è l'idea pre politica, poi diventata politicissima, che vede nella rete e nei social network lo strumento supremo di riscossa, di vendetta e di giustizia sommaria delle masse. Un tribunale all'interno del quale torme di cittadini, che scambiano il proprio nome con il nickname e le proprie generalità con il profilo di Instagram, emettono condanne virtuali che scarnificano la pelle di persone reali. Uno squadrismo digitale che nasce con i deliri grillini della prima ora, le piazze infuocate con la benzina dei Vaffa per tutti, la delegittimazione di ogni forma di potere e di professionalità, l'idea annichilente che uno vale uno e quindi una massa inferocita può colpire chiunque nella certezza che alla fine non verrà perseguito nessuno. Il tutto unito al dubbio costante del complotto: c'è sempre qualcuno che sta tramando, che sta ordendo qualcosa e quindi il debunker del popolo - una nuova forma di giustiziere, che può essere chiunque, un pensionato o appunto un cuoco, meglio se non ha nessuna competenza in materia d'informazione - deve iniziare la sua opera di sputtanamento. Ma questo (sedicente) tribunale del popolo non può neppure essere fermato da un decalogo come quello stilato dall'Agcom: obbligo di correttezza, trasparenza e verità, divieto di violenza e di odio, verifica e menzione delle fonti. Tutto bello, buono e buonista, tutto inapplicabile.

Parole giuste, ma che valgono nulla in quella terra di mezzo dove la gogna mediatica si intreccia con il dominio della marchetta: il regno dei cattivi influencer.

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