Di solito un evento molto atteso si rivela poi deludente, e anche stavolta è andata così. L'ultimo discorso di Giorgio Napolitano - a parte l'accenno al motivo delle dimissioni: l'età e la salute precaria - è stato simile al primo, al secondo, al terzo e ai successivi. D'altronde cosa volete che dica di sorprendente un capo dello Stato che si rivolge ai «sudditi» per augurare loro buon anno? Anche noi comuni mortali, scambiandoci messaggi festosi il 31 di dicembre, non brilliamo per fantasia; anzi, siamo abbastanza ripetitivi al punto che vari amici furbetti si sono inventati gli sms seriali: ne scrivono uno generico e lo inviano a tutti i contatti presenti nella rubrica del loro cellulare. Ciò richiede esclusivamente un minimo di abilità tecnologica.
Il presidente, a dire il vero, in questa circostanza solenne (gli addii se non sono solenni che addii sono?) poteva sforzarsi un po' di più. Ci aspettavamo per esempio che si togliesse qualche sassolino dalle scarpe; invece, niente, neanche una pietruzza. Come chiunque non abbia nulla da dire, egli ha pronunciato una lunga orazione, al termine della quale il vasto uditorio si sarà domandato a chi fossero destinate tante parole vuote, ma rispettose della tradizionale comparsata presidenziale in chiusura dell'anno solare.
Personalmente non ho capito il senso dell'intervento, ma ho intuito che il vecchio leader, comunista fino alla morte del comunismo, dopo un novennato al Quirinale non ne può più dalla voglia di sloggiare. E pensare che al rinnovo del mandato, oltre 20 mesi orsono, egli aveva dato l'impressione di gradire il ruolo di salvatore della patria assegnatogli per disperazione dal Parlamento e dai delegati regionali. Altri tempi, benché non lontani. Frattanto a Napolitano è successo di tutto: la crisi si è aggravata, l'antipolitica è decollata, la stagione di Enrico Letta è stata breve, a Palazzo Chigi è arrivato Matteo Renzi, noto come rottamatore, che ha cambiato lo stile della politica lasciandone intatta la sostanza o, meglio, la fuffa.
C'è dell'altro che probabilmente ha disgustato Napolitano, al quale è toccato perfino farsi interrogare dai pm a proposito della supposta trattativa Stato-mafia. Un episodio inconsueto per un custode della Costituzione. Oddio, della Piovra è lecito dire peste e corna, ma non che essa sia un'organizzazione poco seria. Trattare con i padrini è brutto, ma sempre meglio che affidare loro il comando del Paese. Vabbè, sorvoliamo. In ogni caso il presidente va giustificato per aver abdicato in anticipo: era ed è suo diritto avere piena l'anima di guidare una nazione priva (...)
(...) di spirito nazionale, deficitaria sotto l'aspetto dell'efficienza democratica, politicamente confusionaria, incapace di affrontare sia il futuro sia il presente.
Se queste sono le ragioni che hanno indotto l'uomo del Colle a scendere in pianura, dobbiamo essere comprensivi. Mentre giudichiamo inadeguato il modo in cui ci ha salutati, appioppandoci un pistolotto contorto, zeppo di luoghi comuni, di banalità forbite, di esortazioni degne di un predicatore parrocchiale. Stucchevoli addirittura certi richiami alle positività espresse da vari italiani - rara avis - che si sono distinti in alcune attività in campo professionale e in quello della solidarietà. È notorio che i compatrioti non sono tutti malfattori, evasori fiscali, corrotti e corruttori: c'è anche qualche brava persona, per quanto non abbia accesso alle sacre stanze del potere.
Peccato che il presidente intento a spandere parole vane - un autentico profluvio - abbia dimenticato i due marò tuttora tra le grinfie degli indiani e oggetto del totale disinteresse del governo. Viene il sospetto che al Quirinale stiano più a cuore i minuetti in scena nel teatrino della politichetta che non la vita di due servitori dello Stato.
Un'ultima osservazione: come mai Napolitano, che lustri orsono
era contrario alla moneta unica (sosteneva che ci avrebbe impoveriti), adesso è diventato paladino dell'euro e della Ue a trazione tedesca? Non è una semplice curiosità, la nostra: è un gentile invito a fornire spiegazioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.