
Difficile togliersi di dosso la polvere velenosa e l'immagine di una terra cattiva, furbastra, ingannevole, addirittura criminale. Napoli ci sta riuscendo, l'oro di Napoli non è soltanto il titolo di un film magico di Vittorio De Sica tratto da un romanzo di Giuseppe Marotta, figlio verace di questa città. L'oro di Napoli non è soltanto lo scudetto, il quarto vinto dalla squadra di calcio, c'è altro, molto altro al di là del folklore e dei fotogrammi feroci offerti dalla narrazione savianesca e da una realtà comunque tossica, come sono drogate le verità di mille città nel mondo, in Italia poi. Napoli è il bersaglio comodo e facile del tiro a segno, però stavolta ci siamo, si svolta, si può cambiare copione e trama, dunque il titolo di campione d'Italia è veicolo forte che va nel circuito sportivo europeo ma la nomina di un napoletano ad amministratore delegato di Stellantis, Antonio Filosa ecco un fuoco pirotecnico nel cielo azzurrissimo e ancora l'assegnazione dell'America's Cup, il più famoso trofeo nello sport della vela che ha portato prestigio e turismo nei secoli a New York,New Port, San Diego, San Francisco, Auckland Zelanda, Valencia,Bermuda, Barcellona e finalmente arriva nelle acque di Napoli nelle quali la MSC di Gian Luigi Aponte è cresciuta per diventare un'azienda mondiale, così come l'attività di Emanuele e Gian Luca Grimaldi storica famiglia di armatori campani e, ancora, in altri settori produttivi, la Ferrarelle presieduta da Carlo Pontecorvo o Antonio Amato presidente dei giovani imprenditori, così Giuseppe Castagna braccia d'oro nel nuoto, la Capri Napoli e il canale di Suez e il Nilo, i suoi record in mare prima di esplorare acque ugualmente profonde, la finanza, le banche, Castagna, napoletanissimo, è amministratore delegato di BPM e resiste da ex campione di delfino agli attacchi di altri istituti, Unicredit in testa. Continuo nel mondo dell'artigianato, la storia, la classe, lo stile, l'eleganza della sartoria napoletana, il gruppo di Antonio Panico ovvero il cappotto in assoluto e così la sartoria di Gennaro e Luigi Solito e, prima di tutto e di tutti, Maurizio Marinella, la pura, ineguagliabile tradizione della cravatta, oggetto desiderato da un'azienda francese che continua nei tentativi di acquisizione ma trova l'ostacolo proprio in Maurizio Marinella, il cui cuore, oltre al rispetto dell'araldica famigliare, si riassume nel negozio di Riviera di Chiaia, tappa obbligatoria di gente comune e di clienti della nobiltà mondiale, i Windsor vi bastano? Così, dunque, spiega, lo stesso Marinella, come stringendo il nodo di una seta al collo della sua città: Napoli sta vivendo un'esplosione di vivacità, creatività e impegno imprenditoriale, la città affascina, è divertente, è carica di cultura, la sua imprevedibilità diventa una caratteristica che addirittura piace ai giapponesi il cui rigore per ogni dettaglio dovrebbe suggerire il contrario.Ma così non è, Napoli si sta bonificando, i Quartieri da terra buia e rischiosa sono diventati un alveare di negozi, bar, ritrovi, grazie al lavoro del sindaco Manfredi che si occupa della città sul campo, l'ascolta, la segue, interviene, decide. Questo, allora, è il vero scudetto di Napoli, questo è il titolo di campione che avrebbe meritato da sempre prima di farsi del male, prima di cadere nelle voragini che l'hanno stuprata, sporcando la sua pelle, la sua storia culturale.
Ma l'arte della vita, la genialità dell'improvvisazione, il teatro di mille attori e di un solo regista, il popolo, la sua fame e il suo riscatto, stanno vincendo la lunga corsa. Non sono uno scrittore. Sono un napoletano (Antonio De Curtis, in arte Totò.)