Il nesso tra somministrazione del vaccino Astrazeneca e casi di trombosi è tutto da dimostrare e, fino a prova contraria, medici e scienziati non ci vedono una correlazione. Tra di loro anche l'ematologo Marco Moia, per anni responsabile del Centro di terapia anti coagulante del Policlinico di Milano e ora consulente del centro San Giuseppe.
Nelle persone decedute dopo il vaccino è stato rilevato contemporaneamente un calo delle piastrine e un coagulo del sangue che ha portato alla trombosi. Come è possibile?
«Non si tratta di una contraddizione. Il calo delle piastrine nel sangue può essere la spia dell'attivazione della coagulazione. Accade raramente ma accade. Tuttavia non c'è correlazione con i vaccini».
Quindi le morti sospette nulla hanno a che fare con la vaccinazione?
«Io per ora mi baso su dati epidemiologici. Ma non si tratta di numeri che vanno oltre la normalità dei decessi. Consideriamo che le trombosi colpiscono 65mila persone all'anno solo in Italia e le morti improvvise ci sono, anche in persone apparentemente sane. Se un atleta muore nel sonno è una morte improvvisa, se però qualche giorno prima ha fatto il vaccino è una morte da indagare».
Quindi tutto normale?
«Diciamo che durante le sperimentazioni cliniche, ad esempio su mille persone, conosciamo alla perfezione tutta la cartella clinica dei pazienti. Su una popolazione così ampia come quella dei vaccinati non si può approfondire la storia clinica di tutti e un singolo caso grave fa ovviamente clamore. È normale che sia così. Ma statisticamente non si tratta di numeri rilevanti».
Però quando un deceduto ha nome e cognome, è dura parlare di statistica?
«Uso un esempio già fatto dal virologo Massimo Galli: su un milione di donne gravide si verificano ogni giorno circa 400 aborti spontanei. Per dire che un vaccino aumenti il rischio d'aborto bisogna che gli aborti nelle gravide vaccinate siano molti di più rispetto a quelli attesi nell'intera popolazione. Non è così».
Quindi lei crede che Ema faccia rientrare l'allarme su Astrazeneca?
«Ema ha poco tempo per valutare. Per verificare il nesso causa-effetto tra vaccini e morti sospette non basta di certo un'autopsia. Bisogna analizzare i numeri degli studi fatti sul vaccino e capire se il siero ha introdotto un elemento peggiorativo nella popolazione. In Gran Bretagna, dove la metà della popolazione è stata vaccinata con Astrazeneca e dove sono stati fatti controlli corretti, è andata bene. Bisogna sempre tener presente i rapporto tra rischi e benefici».
Cosa che accade anche per gli altri farmaci.
«Si. Quando curo un paziente che ha avuto un ictus, gli somministro la terapia trombolitica per ridurre i danni. Ma i farmaci rischiano di provocargli un'emorragia cerebrale. Anche in questo caso valuto rischi e benefici».
Quindi dobbiamo continuare a fidarci dei vaccini?
«É molto più pericoloso fumare che vaccinarsi. Nel caso della sigaretta la correlazione con episodi tromboembolici c'è ed è dimostrata, ma la gente non smette di fumare».
Però la gente ha paura ed è molto confusa.
«Lo capisco bene, è impressionante la velocità con cui si è cambiato idea sui vaccini. Cambiare posizione ogni 5 minuti è deleterio per un genitore che educa un figlio, figuriamoci per la scienza. Eppure è normale che si adeguino le scelte in base ai colpi di scena, alle prove e alle controprove».
È vero che la sorte di questi giorni di Astrazeneca è routine per molti farmaci?
«I farmaci vengono spesso ritirati per verifiche e poi riammessi sul mercato. È accaduto anche ad Aulin, su cui è scattato un allarme (poi rientrato) dopo alcuni casi di ischemia.
La differenza è che quel farmaco era sostituibile mentre Astrazeneca al momento no. Se ci fosse un'ampia gamma e quantità di altri vaccini, potremmo dire all'azienda di prendersi anche sei mesi per verifiche. Ma ora non è possibile».
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