Il titolo è già pronto, riciclato anch'esso: 2017 Odissea nello spazzino. La prima Odissea, quella originale, sappiamo come va a finire: Ulisse si ricicla come buon marito e buon patriota dopo aver orbitato qua e là nello spazio creato dallo stellare genio di Omero. La seconda Odissea, quella della premiata ditta Clarke-Kubrick, ha un epilogo meno... «pulito», intorbidato dall'«evoluzione», più metafisica che fisica, del comandante David Bowman, divenuto una forma di vita superiore.
La terza odissea, che per il momento non merita né la maiuscola né il corsivo, è la nostra. Infatti a noi, comuni mortali (e oltretutto terrestri) che già abbiamo da risolvere il problema dello smaltimento rifiuti sotto casa, spetta adesso l'onere di un'altra raccolta differenziata, da compiere un po' più lontano. Diciamo circa 350 chilometri sopra i bidoni dell'umido, del vetro e via accumulando. L'allarme (c'è sempre un allarme, quando si parla di spazi siderali, la «selva oscura» del Terzo Millennio) proviene dalla Inter-Agency Space Debris Committee (Iadc), che è per il nostro pianeta ciò che l'Amsa è per Milano.
Siccome le missioni spaziali sono diventate frequenti come i rave party nei capannoni di periferia e i picnic sulle spiagge, con tutto ciò che ne consegue, dopo occorre rassettare. Anche lassù c'è il problema, trito e ritrito, del detrito. Un solo esempio. Nel 2009 un satellite russo ormai defunto e pesante una tonnellata si scontrò con un altro satellite di mezza tonnellata. Niente morti né feriti, per fortuna, e nessuna constatazione falsamente amichevole. Ma rimane il fatto che da allora abbiamo sopra la testa una tonnellata e mezza di ferraglia che pende peggio di una spada di Damocle. Di eventi simili gli «autovelox» collocati negli angoli più nascosti del firmamento ne registrano a decine, però sono talmente in alto che non possono elevare multe. Sarebbe quasi più semplice sanzionare le mucche petomani accusate di provocare il riscaldamento globale... Insomma, nelle alte sfere, chi rompe non paga, e i cocci sono di tutti. E sono cocci che non stanno fermi, ma svolazzano ovunque. Come catturarli? Sul tema si sono spaccati la testa in tanti. In Giappone hanno studiato delle reti sul modello di quelle da pesca, da usare a strascico; l'Agenzia spaziale europea pensa a un satellite netturbino; a Tolosa si progettano «rimorchiatori magnetici».
L'ultima trovata è di un ateneo texano: «l'aspiratore spaziale».
L'aspirazione, sia in senso materiale, sia in senso morale, è raccattare ogni sorta di pattume per fare finalmente pulizia. Ben venga. Speriamo soltanto che i soliti furbetti del pianetino non trovino da qualche parte nell'Universo un tappeto sotto cui nascondere la polvere.
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