Troppi no, partito del Pil preoccupato

Blocco delle infrastrutture, riforma fiscale statalista, sussidi a tutto spiano. Nell'opposizione è una gara a chi la spara più grossa, e questa gara inquieta il mondo produttivo

Troppi no, partito del Pil preoccupato

Blocco delle infrastrutture, riforma fiscale statalista, sussidi a tutto spiano. Nell'opposizione è una gara a chi la spara più grossa, e questa gara inquieta il mondo produttivo.

La sinistra ormai scivola su un piano inclinato. Il Movimento 5 Stelle e la Cgil si «eccitano» a vicenda, fanno asse sulla manovra, e da posizioni massimaliste incalzano il Pd, attraendolo fatalmente fuori da un'orbita liberal-democratica. È una dinamica politicamente infernale, quella in atto, e atterrisce chi fa impresa, chi rischia, chi investe e assume.

Nelle organizzazioni produttive più importanti pare che si guardi con silenziosa preoccupazione al negoziato intavolato in Lombardia fra i 5 Stelle e il Pd, in vista delle Regionali che saranno celebrate probabilmente il 12 febbraio. Sono infatti molto sbilanciate le condizioni che i grillini hanno proposto ai «dem» per sostenere la candidatura di Pierfrancesco Majorino, eurodeputato milanese già parecchio ideologico di suo. Eccoli, i famosi «contenuti», tanto enfatizzati dal capo del Movimento, Giuseppe Conte, in una conferenza stampa congiunta coi dirigenti lombardi; contenuti in linea con l'ultima edizione della narrazione populista dei grillini: dimezzamento dei fondi alla sanità privata, stop alle infrastrutture «insostenibili finanziariamente», stop ad alcuni termovalorizzatori, no agli allevamenti intensivi.

Dopo anni trascorsi a chiedere una svolta, in particolare, su tasse e opere pubbliche, è verosimile che al mondo produttivo - del Nord, ma non solo - sembri fuori dal mondo l'idea di fermare un po' tutto. Il ritorno dei «no» e degli «stop» spaventa, e riporta la lancette agli anni - non molti - di Danilo Toninelli, lombardo a 5 Stelle che dopo aver preso 84 preferenze per la Regione, e 9 per il Comune di Crema, divenne improvvisamente ministro delle Infrastrutture, e fra le impazienze sempre meno sopite dei leghisti, inaugurò l'epopea delle «analisi costi-benefici», sulla Tav ma anche sulla Gronda di Genova, l'Aeroporto di Firenze e la Pedemontana Lombarda.

Che si possa ricominciare ora, con le Olimpiadi invernali alle porte, spaventa. Anzi, non spaventa solo perché 5 Stelle, Pd e Cgil sono all'opposizione, in Italia e pure in Lombardia, e sembrano doverci restare.

Il «parterre» che ha partecipato agli Stati generali di Attilio Fontana la settimana scorsa all'Hangar Bicocca, la dice lunga. In sala c'era mezzo Pil italiano. Manager e presidenti di organizzazioni non si sono iscritti a un comitato elettorale, ma certo il segnale non è passato inosservato.

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