L a carovana di migranti partita dal Centro America prosegue la sua marcia minacciosa verso gli Stati Uniti e Donald Trump allerta la guardia di frontiera e l'esercito. È «un'emergenza nazionale», tuona il presidente americano su Twitter. Nonostante le minacce del tycoon e la promessa di inviare le forze armate per proteggere il confine meridionale, il numero delle persone in cammino secondo le autorità di Guatemala e Messico è cresciuto a oltre 7mila. Per la precisione 7.233, affermano i dati dell'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), forniti dal portavoce dell'Onu. La maggior parte dei migranti proviene dall'Honduras e ha raggiunto Tapachula, nel sud ovest del Messico, dopo aver superato il confine con il Guatemala. «Purtroppo sembra che la polizia e l'esercito del Messico non siano in grado di fermare la carovana - scrive Trump - Vi si sono mescolati criminali e sconosciuti mediorientali. Ho allertato la guardia di frontiera e l'esercito che si tratta di un'emergenza nazionale».
«Le leggi devono cambiare», twitta ancora il Commander in Chief, annunciando che Washington «comincerà a tagliare o a ridurre sostanzialmente gli imponenti aiuti regolarmente forniti a Guatemala, Honduras ed El Salvador», da dove è partita la carovana. Paesi che The Donald accusa nuovamente di «non essere stati capaci di fermare il flusso di persone che vogliono entrare illegalmente negli Usa». A rincarare la dose è il segretario di Stato Mike Pompeo (appena rientrato dal Messico): «Siamo profondamente preoccupati per la violenza provocata da alcuni membri del gruppo, e per l'apparente motivazione politica di alcuni organizzatori della carovana», dice, ribadendo che gli Stati Uniti non permetteranno ai clandestini di entrare o rimanere entro i loro confini. Il presidente messicano Enrique Pena Nieto, intanto, chiede un intervento dell'Onu per aiutare a stabilire se i migranti sono in possesso di valide domande di asilo o se devono essere rimandati nelle nazioni d'origine. E il suo successore Andres Manuel Lopez Obrador, che sarà in carica dal 1 dicembre, assicura come uno dei suoi principali obiettivi sia quello di raggiungere un accordo con Trump e con il premier canadese Justin Trudeau su un'iniziativa di cooperazione per lo sviluppo del Centro America e del Messico sudorientale.
E mentre il Palazzo di Vetro ribadisce che la situazione va gestita «in conformità alle leggi internazionali», pur sottolineando il «diritto dei paesi di gestire le proprie frontiere», il tycoon torna a puntare il dito contro gli avversari politici. Affermando che la colpa è dei democratici, i quali non hanno consentito di cambiare le «patetiche leggi sull'immigrazione». «Ricordate le elezioni di Midterm», chiosa il presidente, che continua a fare campagna per i repubblicani in vista del voto del 6 novembre. Nelle scorse ore è stato ad Austin, in Texas, per sostenere la riconferma del senatore Ted Cruz, secondo i sondaggi avanti solo di pochi punti sul rivale Beto O'Rourke, astro nascente dem, che ha rivelato un forte carisma e una grande capacità di raccolta fondi. Perdere un seggio nello stato tradizionalmente conservatore del Texas sarebbe un segnale pericoloso per il partito, e così Trump ha deciso di mettere da parte ruggini e rivalità con Cruz, duramente criticato durante le primarie del Grand Old Party nel 2016.
Nel frattempo sono i sondaggi a far esultare il presidente: l'ultima proiezione di Nbc e Wall Street Journal mostra che il suo tasso di approvazione è al 47%, ai massimi da quando è entrato alla Casa Bianca, una percentuale più alta di quella raggiunta dal predecessore Barack Obama nello stesso periodo del 2010 (al 45%). E cresce anche l'interesse degli elettori per il voto di Midterm, arrivato alla percentuale record del 68% tra i repubblicani e del 72% tra i democratici.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.