
La morte di Charlie Kirk si è trasformata subito nel campionato mondiale di "benaltrismo", quel riflesso condizionato per cui il problema non è mai quello che sta davanti agli occhi, ma sempre "ben altro". Il killer di Charlie Kirk è stato presentato come un ragazzo dalle idee woke, il mantra della sinistra. Il fatto, nudo e crudo, dovrebbe bastare per interrogarsi sulla violenza politica e sulle responsabilità della sinistra. Invece no. Il problema è un altro. E allora qual è? I giornali italiani sono andati a cercare risposte tra scrittori, politici o giornalisti americani come se fossero oracoli e non semplici cittadini. Tutti ripetono che bisogna abbassare i toni, però...
Alexandria Ocasio-Cortez ha parlato di assassini "mentalmente instabili" a causa delle pecche del welfare. Molti hanno evocato Donald Trump: la vera colpa, dicono, è del "clima" tossico alimentato dal presidente stesso. Tuttavia, nessuno ricorda la pallottola che ha sfiorato il testone di Trump durante l'ultima campagna elettorale. Si vede che non fa parte del "clima". Per Alan Friedman, il presidente ha strizzato l'occhio agli eversori del 6 gennaio e "ammiccato al suprematismo bianco". Secondo Percival Everett, Trump "sta cavalcando la tragedia". Jonathan Safran Foer denuncia: "Donald coltiva la violenza. È una guerra civile".
Il meccanismo è rodato. Si allarga il campo fino a rendere invisibile l'evento stesso. Così il responsabile concreto scivola via e possiamo dimenticare il suo profilo politico. Il killer è di sinistra... Meglio allora parlare di "polarizzazione", di "crisi economica", di qualunque cosa purché il dito non resti puntato sull'assassino e sulle sue motivazioni. Questa fuga dal reale non è innocua. Innanzi tutto nasconde l'intolleranza, sconfinata nella violenza, di una sinistra convinta di aver sempre ragione in nome di una immaginaria superiorità morale. Inoltre, alimenta la convinzione che la violenza possa avere una giustificazione preventiva.
Il cadavere di Charlie Kirk, intanto, resta lì a ricordare che un fatto è un fatto. C'è un uomo che ha premuto il grilletto per un movente politico.
C'è un crimine che interpella la coscienza civile. Tutto il resto - Trump, la rabbia sociale, la povertà - può essere materia di altre discussioni. Ma non è "ben altro": è altro e basta. Il "benaltrismo" non è solo un errore logico: è un alibi morale.