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Tutto quello che non torna nell'autodifesa di Di Maio

Secondo Di Maio i poteri forti in Ama legati al Pd avrebbero scatenato la tempesta perfetta contro Paola Muraro. Ma i conti non tornano

Tutto quello che non torna nell'autodifesa di Di Maio

C'è qualcosa che non torna, nell'autodifesa imbastita in fretta e furia da Luigi Di Maio e data in pasto al popolo grillino accorso ieri sera a Nettuno per cercare di capirci qualcosa nel caos-Roma.

Il vicepresidente della Camera e candidato premier in pectore dei Cinque Stelle (ma visti i recenti sviluppi quest'ultima carica non pare più così certa) ha provato a giustificarsi da quella che secondo l'intransigente morale grillina sarebbe un'accusa della massima gravità: avere taciuto la notizia degli sviluppi giudiziari che già da giugno avevano colpito l'assessore all'Ambiente Paola Muraro. E di cui Di Maio era stato informato sicuramente da una mail della collega di partito Paola Taverna, pubblicata ieri dal Messaggero.

Di fronte alle accuse di omertà-omertà un imbarazzatissimo Di Maio aveva fornito una spiegazione fin dal principio poco verosimile: la stessa persona pronta a chiedere le dimissioni "in cinque minuti" del ministro dell'Interno Angelino Alfano indagato per abuso d'ufficio, con l'esponente della giunta stellata era stato cauto sostenendo di "non avere ben compreso" la portata della notizia.

E ieri sera a Nettuno ha anche provato a giustificare quest'ultima, traballante, affermazione. La notizia relativa ai guai giudiziari della Muraro sarebbe stata sottovalutata, ha spiegato, dopo "le quattordici denunce presentate dall'ex amministratore delegato di Ama Daniele Fortini". La conclusione per il pubblico era pertanto ovvia: "Uno del Pd indaga, il nostro assessore è indagato". E giù applausi.

Peccato che lo schema ipotizzato da Di Maio richieda tempistiche quasi impossibili da rispettare. Come ben ricostruisce Marco Carta per Gli Stati Generali, Fortini - in Ama dal gennaio 2014 - avrebbe avuto a disposizione pochissime ore per produrre una mole cospicua di materiale accusatorio. Infatti le dimissioni del dirigente dalla carica di presidente e ad della società risalgono al 22 giugno.

La vittoria della Raggi su Giachetti, però, risale al 20 giugno e la volontà di affidare alla Muraro l'assessorato all'Ambiente era stata resa nota solo il 17 alle sette di sera. Poiché nel documento relativo alle dimissioni (ancora consultabile sul sito di Ama) si parla esplicitamente delle quattordici denunce, secondo Di Maio l'ex presidente della società avrebbe avuto tre giorni di tempo per presentare quattordici denunce.

Un'improbabile media di quasi cinque al giorno.

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