Uccisa dal fumo passivo: il risarcimento è da record

Per anni in ufficio con i fumatori: stroncata dal cancro. La Regione Sicilia pagherà un milione e mezzo

Uccisa dal fumo passivo: il risarcimento è da record

Il fumo passivo uccide. E il tribunale di Palermo ha condannato la Regione siciliana a un maxi risarcimento ai familiari di Lucia Lo Conti, funzionaria dell'assessorato ai Beni culturali, morta nel 2004, all'età di 50 anni, di tumore ai polmoni. La Regione deve pagare un milione e mezzo di euro. Lucia se lo sentiva. «Un giorno mi uccideranno» diceva ai figli pensando a quelle due stanze che doveva condividere con i colleghi fumatori, lei che non fumava. In quegli anni, tra l'80 e il '90 e anche un po' oltre, si fumava senza nessuna regolamentazione. Lucia si è battuta sin da allora per ottenere condizioni di lavoro migliori. Chiedeva rispetto per la sua condizione di non fumatrice. Perché non riusciva a respirare con tutto quel fumo in ufficio. Ma dal 1979 al 2000 la funzionaria, impiegata alla Sovrintendenza ai Beni culturali, è stata relegata in due uffici che non disponevano nemmeno di un sistema di aerazione. Tanto che tornava a casa che puzzava di fumo. Come se avesse fumato pacchi interi di sigarette.

Dopo 14 anni qualcuno ha ascoltato le sue insistenti richieste. È stata trasferita in un ufficio a contatto col pubblico, ma anche lì per Lucia la situazione non è migliorata. Perchè Lucia è stata comunque esposta al fumo passivo. Nel 2000, finalmente, viene destinata alla Presidenza, dove non si fuma, ma per Lucia il destino è già segnato. Ed è dei più atroci. Perché nel 2001 le viene diagnosticato il tumore ai polmoni.

Quei dolori al petto apparsi all'improvviso per Lucia non hanno rappresentato un mistero. Già lo sapeva. «Se lo aspettava» dice una figlia. Ed è cominciato il suo calvario, durato tre anni, tra chemioterapia e atroci dolori. Poi la sedia a rotelle. Lucia muore il 13 novembre del 2004. Vicino a lei ci sono, come sempre, i suoi cari che non l'hanno mai abbandonata. L'hanno sostenuta quando, ancora in servizio e già ammalata, fece richiesta per avere riconosciuta la causa di servizio, ma non le venne concessa. E lei non si è arresa. Nemmeno la malattia ha fermato Lucia, che, seppure provata dall'adenocarcinoma polmonare, ha persino scritto la relazione da presentare per fare causa al suo datore di lavoro, la Regione siciliana. E i suoi cari hanno portato fino in fondo la battaglia di Lucia.

Il codice civile «impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore». Lo ha sottolineato il giudice monocratico di Palermo Riccardo Trombetta. I familiari di Lucia sono riusciti a far riconoscere l'esposizione della donna al fumo passivo per soli 5 anni.

Il fumo passivo, secondo il consulente nominato dal tribunale del capoluogo siciliano, ha avuto un'incidenza nello sviluppo della malattia terminale per il 15-20%. Adesso la Regione, che non ha presentato appello, dovrà risarcire il marito di Lucia e i suoi 6 figli per un milione e mezzo di euro.

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