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Ucciso il nipote del boss evocato dal Pd

A Bari agguato a Raffaele Capriati. Le polemiche di pochi giorni fa sul caso Emiliano-Decaro

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Era uscito dal carcere da un anno e mezzo, Lello Capriati (nella foto), accolto nella «sua» Bari vecchia dai fuochi d'artificio dopo 19 anni dietro le sbarre. Ma lunedì sera la ritrovata libertà del nipote di Tonino Capriati (boss 67enne dell'omonimo clan di Bari vecchia, condannato all'ergastolo nel 2008) è finita nel sangue, sotto i colpi di pistola di un sicario ancora senza volto che l'ha freddato con 4 proiettili a Torre a Mare, quartiere a Sud del capoluogo. È morto come suo fratello Mimmo, anche lui freddato da un killer sei anni fa, mentre è ancora vivo l'altro fratello, Filippo, considerato l'attuale capo del clan. L'omicidio di Pasquetta è il terzo scontro a fuoco in pochi giorni nel barese, segno che forse gli equilibri della mala barese si sono rotti dopo la retata di febbraio. Già, quell'operazione antimafia con 130 arresti e il coinvolgimento di alcuni esponenti politici, che ha portato pochi giorni fa il ministro dell'Interno Piantedosi a spedire una commissione ispettiva al Comune di Bari (per verificare eventuali infiltrazioni della mafia nella gestione amministrativa della città), avrebbe secondo alcuni degli investigatori creato un vuoto di potere che ha rimesso in moto i clan.

E quel clan, Capriati, l'aveva evocato proprio il Governatore pugliese Emiliano, e lo aveva fatto proprio in occasione della manifestazione «anti-Piantedosi» e a favore del sindaco Antonio Decaro. Quando Emiliano aveva rispolverato il racconto della «raccomandazione» da lui fatta alla sorella del boss Tonino, Lina, affinché trattasse bene il futuro sindaco, che all'epoca era un suo assessore. Un episodio che ha scatenato polemiche, derubricate dal Governatore a incomprensione: per l'ex magistrato non fu «trattativa Comune-Mafia», ma un mero invito alla sorella del capoclan che lui aveva contribuito a spedire all'ergastolo a capire che l'aria era cambiata. Peccato che la sorella del boss incensurata - abbia smentito tutto, e che pure Decaro abbia sostenuto di non essere mai stato da Lina Capriati, e che a smentire a sua volta almeno in parte il sindaco sia stata invece un'altra foto che lo immortala, in anni recenti, insieme a un'altra sorella di Capriati, Isabella, e alla di lei figlia. Solo uno scatto con due donne incensurate, fatto durante la processione di San Nicola per i vicoli del borgo antico, ha spiegato lui, tra difese d'ufficio e richieste di chiarimenti anche trasversali.

Sulle polemiche roventi era calata la pax pasquale, interrotta con drammatico tempismo dall'omicidio del rampollo del clan evocato da Emiliano, e forse vittima, come detto, di quella retata che aveva spinto il ministro dell'Interno a volerci veder chiaro a Palazzo di città. Una sfortunata serie di coincidenze, forse, ma di certo il clima non è dei migliori in riva all'Adriatico. E lo sa lo stesso De Caro, che ieri ha definito «un fatto gravissimo» l'omicidio, sia «per le modalità con cui l'agguato si è consumato», sia «per il fatto che la vittima è un esponente di spicco del clan Capriati» quanto, appunto, «per le conseguenze che questo può generare». Il timore è che sia in ebollizione una nuova guerra tra le fazioni della mala barese.

«La città non può vivere nel terrore», dice il sindaco.

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