L' Italia non rispetta il fiscal compact. La Commissione europea se n'è accorta e comincia a dirlo. Per il momento, il segnale arriva camuffato da messaggi come «l'Italia ha un debito troppo alto e rischia shock nel medio periodo». Ma tra qualche mese quest'avvertimento rischia di diventare qualcosa d'altro, quando la Commissione dovrà fornire un giudizio formale sulla gestione dei conti pubblici da parte del governo Renzi.Secondo gli esperti della Commissione (il giudizio arriva da una direzione guidata da un italiano), «è necessaria una forte determinazione nel miglioramento della posizione di bilancio (italiano) per assicurare il rispetto della regola del debito». In assenza di questa «forte determinazione», nei prossimi anni il Paese ha un «rischio per la sostenibilità molto elevato». Il ministero dell'Economia (senza entrare nel merito delle critiche) ricorda che nel 2016 il debito pubblico tornerà a scendere dopo 8 anni.La Commissione, però, non intravvede questa «determinazione» nella legge di Stabilità. Da un punto di vista dei Trattati, questa «determinazione» della riduzione del debito è misurata scientificamente a Bruxelles da un parametro. Si chiama «avanzo primario»: è la differenza fra entrate e spese, al netto della spesa per interessi sui titoli pubblici.Per rispettare il fiscal compact l'Italia avrebbe dovuto registrare un avanzo primario intorno al 4 per cento (3,8, ad essere precisi). In realtà, nel 2016 sarà poco superiore all'1 per cento; e nel 2017 salirà al 2,5 per cento. Insomma, resterà comunque al di sotto del previsto.Perché questo indicatore è così importante? Il fiscal compact (firmato da Mario Monti) prevede che un Paese con il debito pubblico superiore al parametro di Maastricht (60 per cento del Pil) deve ridurre la parte eccedente - l'Italia naviga al 130% del Pil - con interventi aggiuntivi pari a un ventesimo all'anno. E per ridurre il debito in modo strutturale (oltre agli abbattimenti legati alle privatizzazioni), sempre i Trattati prevedono che ciò debba avvenire attraverso l'avanzo primario.Quindi, se l'Italia non rispetta l'andamento di questo indicatore, non rispetta i Trattati. E Bruxelles inizia a segnalarlo. E, magari, fra le righe, ricorda anche che dal 2017 la Commissione si aspetta il rispetto della regola della riduzione del deficit strutturale dello 0,5%: principio quest'anno immolato sull'altare della flessibilità (che Bruxelles non ha ancora autorizzato per intero).Perché, oltre a infrangere il fiscal compact per la storia di un avanzo primario inferiore al livello concordato, l'Italia non sta rispettando nemmeno il Patto di Stabilità. Quest'altro Trattato prevede che i Paesi dell'Eurozona devono ridurre il deficit strutturale dello 0,5% all'anno (salvo casi eccezionali, tipo recessione), così da portarlo a zero. Il governo Renzi, però, non solo non ha rispettato quest'anno il trend di riduzione del deficit, ma lo ha aumentato.Ma gli avvertimenti europei non finiscono qui. Tutti i parametri europei sono elaborati in funzione del Pil nazionale. E il Pil nominale è legato all'andamento della crescita e dell'inflazione. Oggi però - scrive la Commissione - «la crescita nominale è in grado di contribuire in misura limitata alla riduzione del rapporto debito/Pil». Per non parlare delle dinamiche inflazionistiche, pressoché assenti, nonostante una politica monetaria europea proprio improntata all'allargamento della base monetaria (Quantitative easing e politica dei tassi).
In qualunque caso, sono undici le economie europee che la Commissione individua come «rischi potenziali elevati per la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio periodo». Vale a dire, entro i prossimi dieci anni.E sono, oltre all'Italia, Belgio, Spagna, Francia, Croazia, Portogallo, Romania, Slovenia, Finlandia, Irlanda e Gran Bretagna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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