Politica internazionale

Ue, la destra lancia l'altolà al regolamento-bavaglio

La nuova direttiva in votazione a Bruxelles rischia di censurare le opinioni politiche sul web

Ue, la destra lancia l'altolà al regolamento-bavaglio

Non sono ancora ben chiari ai cittadini i rischi per la libertà di espressione del nuovo «Regolamento relativo alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica» dell'Ue che il Parlamento europeo si appresta a votare domani nella plenaria. Come riportato ieri in esclusiva da Il Giornale, la definizione di pubblicità politica inserita nel documento non si limita alla pubblicità vera e propria a pagamento ma include ogni contenuto relativo ai temi di attualità come l'immigrazione, il cambiamento climatico o, addirittura, i prezzi dell'energia.

Poniamo sia condiviso su un social network un articolo di opinione, potrebbe rientrare nel regolamento Ue ed esserne perciò vietata la pubblicazione a discrezione della piattaforma.

L'approvazione del nuovo regolamento Ue nasce per la necessità di maggiore trasparenza e per evitare ingerenze di nazioni straniere. In sostanza la sinistra europea, dopo il Qatargate, invece di esigere maggiore trasparenza al proprio interno, realizza un regolamento che colpisce la libertà di opinione.

«La nostra sfida è quella di combattere più efficacemente tutte le forme di disinformazione» ha dichiarato l'eurodeputato di Renew Sandro Gozi, relatore del rapporto in materia di trasparenza e targeting della pubblicità politica. Il problema è capire cosa si intende per disinformazione e se, dietro questo intento, non si nasconda la volontà di evitare la pubblicazione di legittime opinioni.

Sottolinea il collegamento con il Qatargate Alessandra Basso, europarlamentare Id/Lega in commissione Imco facendo emergere le criticità del testo dell'Ue: «Nutriamo forti perplessità in merito a come l'Ue sta gestendo il Regolamento sulla trasparenza e sul targeting della pubblicità politica, un provvedimento su temi complessi, che rischia non solo di non migliorare la situazione, ma anzi di trasformarsi in un'eurofollia orwelliana. Affrontare questioni reali e di estrema attualità come la disinformazione e le influenze straniere non solo è opportuno, ma doveroso, specialmente alla luce dello scandalo del Qatargate: tuttavia è necessario agire con la massima prudenza, senza approcci eccessivamente dirigistici».

C'è poi un'ulteriore criticità nel regolamento Ue inerente al ruolo delle piattaforme (in particolare i social network) che, per paura di incorrere in sanzioni, potrebbero realizzare censure preventive dei contenuti. Da qui la necessità di rivedere la definizione di pubblicità politica focalizzandola sulle inserzioni a pagamento, in linea con la definizione contenuta nel Digital Service Act (DSA). Proprio su questo punto interviene Carlo Fidanza, europarlamentare dell'Ecr/FdI in Commissione Imco: «Trasparenza e contrasto alle ingerenze straniere nella democrazia europea sono una nostra priorità assoluta. Purtroppo però il testo in votazione rischia di limitare in modo molto pesante la libertà di espressione sul web. Ponendo in capo ai fornitori di servizi obblighi stringenti e ingenti sanzioni, peraltro in contrasto con il Digital Service Act appena entrato in vigore, si rischia di arrivare ad una censura generalizzata attuata dai provider proprio per evitare di incappare nelle multe. Così non va, serve una pausa di riflessione per arrivare ad una normativa coerente e ordinata».

Il rischio che sia approvato nel silenzio generale un regolamento che andrà a influenzare il dibattito alle prossime elezioni è concreto e, considerando la rilevanza assunta dal mondo digitale, occorre vigilare affinché ciò non avvenga.

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