Ue divisa sui negoziati con la Scozia

Sturgeon vede Juncker ma Tusk declina. Pesa il timore degli autonomisti

Pier Francesco Borgia

Roma Un'onda così lunga e alta non si vedeva da anni. Ecco perché sarebbe un peccato non cavalcarla. Non parliamo di surfisti ma di politici indipendentisti, ma europeisti a un tempo. Non una contraddizione ma una condizione: quella scozzese.

Nicola Sturgeon, primo ministro (ma anche segretario del Partito nazionale scozzese) è volata ieri a Bruxelles per incontri informali coi vertici della comunità europea. Il giorno prima si era fatta dare un formale (pur se scontato) mandato dal parlamento riunito in seduta straordinaria. La Brexit, ha tuonato la «lady di ferro» scozzese, è un'opportunità. «Ci sono dei momenti - ha detto - che richiedono principi, visione e chiarezza». E ora è uno di quei momenti. Quando ha annunciato il suo arrivo in tanti, a Bruxelles, hanno iniziato ad agitarsi. La Scozia non è un paese sovrano. Incontrarla sarebbe stato uno sgarbo a Cameron. Il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, è stato il più netto: non la vedrò. E infatti non l'ha vista. Però ha assistito il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker che davanti ai giornalisti, prima del «temuto» incontro, confermava: «Non entrerò nel merito di un dibattito che a Bruxelles viene visto come squisitamente britannico». Juncker l'ha ricevuta nel suo ufficio alle 17. Un incontro preceduto da quello con il presidente del parlamento europeo Schulz. In entrambe le occasioni la Sturgeon ha ripetuto ciò che va dicendo da giorni: la Scozia vuole restare in Europa. Sottolineando un dettaglio che potrebbe impensierire non poco il governo centrale di Londra. Gli ultimi sondaggi, presi «a caldo» dopo il referendum di giovedì, danno i favorevoli all'indipendenza della Scozia oltre il 70 per cento.

Un dato che ribalterebbe clamorosamente i risultati del voto di due anni fa che bocciò la politica indipendentista del Partito nazionale scozzese e il cui risultato portò il predecessore della Sturgeon a dimettersi lasciando alla nuova «lady di ferro» il campo. Parole che non hanno sortito, per il momento, l'effetto sperato. «La Scozia - ha commentato Juncker - ha il diritto di essere ascoltata ma non abbiamo intenzione di interferire in un processo puramente britannico».

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