Politica

Ue (finalmente) contro Berlino Ma la Germania attacca l'Italia

Bacchettati da Juncker per l'export, i tedeschi si infuriano: «Controllate altri Paesi». Renzi: «Iniziamo dai vostri conti»

A ben guardare le cose, non è l'Italia che sta per arrivare alla pericolosa biforcazione del referendum che indirizzerà dentro o fuori dall'euro (così come viene presentata da Rai e quotidiani fiancheggiatori del governo Renzi). Bensì l'Unione europea, almeno come l'abbiamo conosciuta finora. Grandi manovre sono in corso da tempo: accelerate dalla vittoria di Trump, rese febbrili dalle future elezioni di Germania e Francia, promettono una «muta» senza precedenti. Il problema sarà quello di sapere se, dentro la nuova pelle, il serpentone europeo sarà vivo o morto (con pochi rimpianti).

Tra Brexit, amici e nemici della Russia, persino «quinte colonne» di Erdogan e populisti d'ogni risma, il coacervo di situazioni talvolta paradossali ieri sono giunte al clou con un ennesimo scontro Germania-Italia. Ovvero, austerity predicata dai primi contro il surplus commerciale che concede ai tedeschi, per mezzo della moneta unica, vantaggi enormi «che stanno creando problemi a tutta Europa», lamenta il premier Renzi. Surplus così elevato da essere in procinto di superare persino quello cinese: nel 2016 si aggirerà intorno a 310 miliardi di dollari, ovvero l'8,9% del Pil (la Commissione raccomanda invece un limite del 6%). Anche per spingere la Germania a investire e alimentare la domanda interna, il piano presentato dal commissario Juncker mira all'espansione della manovra di bilancio pari allo 0,5% del Pil Eurozona nel 2017 così da rafforzare la crescita (si tratta di una cinquantina di miliardi di euro). Possibilità salutata con grande favore dal governo italiano, quasi come una vittoria della propria linea. Ma che ha trovato sulla propria strada il solito mastino tedesco, il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble. Dichiaratosi sorpreso dalle intenzioni di Juncker, Schauble ha reagito sostenendo che la Commissione «non ha autorità» per dare agli Stati membri della Unione monetaria discrezione più ampia sulla spesa pubblica nazionale. In pratica, avverte, Juncker sta agendo «politicamente», quindi «oltre il mandato». «Credo che le raccomandazioni di Bruxelles vadano al destinatario sbagliato», ha infine assicurato ieri davanti al Parlamento tedesco, sottolineando come la Germania abbia già aumentato i propri investimenti, fino al 3,9%, molto di più degli altri Paesi. Per rincarare la dose, con un pensierino rivolto alla Grecia e un altro, magari, proprio all'Italia renziana, Schauble ha accusato la Commissione di «non assolvere alla sua missione di supervisione in merito all'applicazione delle regole europee».

La risposta di Renzi, un'excusatio non petita, almeno è stata chiara: «Al signor Schauble che dice che bisogna controllare i bilanci degli Stati, dico che bisogna iniziare dalla Germania, che ha un surplus commerciale che è contro le regole e di cui non parla nessuno. L'ho già detto davanti alla Merkel... Per cui, sono d'accordo. Cominciamo dal tuo bilancio, caro Schauble». Se ne riparlerà venerdì, alla riunione di Berlino con i ministri economici cui parteciperà il nostro Padoan.

Scintille che s'intrecciano con il momento di contrasto tra Ppe e Pse. Così se il popolare Weber, attacca Renzi perché usa l'Ue come «capro espiatorio», il «cattivo» cui attribuire le colpe, mentre «lo spagnolo Rajoy no» e per questo è un partner molto credibile», il capo dei socialisti europei, Gianni Pittella, va agiù a muso duro contro Schauble, il vero «bad guy»: il cattivo ragazzo che, «con la sua ottusa ossessione per l'austerità sta creando una rivolta di popolo contro questa Ue. Se non lo fermiamo, ci porterà nel baratro». Ma il 5 dicembre, con la vittoria o la sconfitta di Renzi al referendum, la storia potrebbe essere ben diversa.

E non è detto, in un caso o nell'altro, peggiore.

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