Gli Usa polarizzati cercano il suo erede

Kirk ha spinto milioni di elettori verso i Maga. I rischi per chi prenderà il testimone

Gli Usa polarizzati cercano il suo erede
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Per capire il ruolo di Charlie Kirk nell'America iper polarizzata di questi anni, che pure lui aveva contribuito a costruire, è utile guardare alla tempistica e a quali media hanno annunciato per primi la notizia del suo attentato e poi della sua morte.

A lanciare la breaking news è stato Truth Social, la piattaforma di Donald Trump, solitamente avara di notizie "vere", fatta eccezione per i post del presidente Usa. A sua volta, Truth aveva ripreso la notizia da Just the News, sito web fondato dal giornalista conservatore John Solomon. Solo in seguito è iniziato il coro dei grandi media e network "tradizionali".

Ancora, la notizia della morte di Kirk, è stata annunciata per prima da Real America's Voice, altra emittente conservatrice, pochi istanti prima che lo stesso Trump la confermasse. È stata, nella tragicità del momento, la rivincita giornalistica di un intero ecosistema mediatico del quale Kirk era una star. Non solo per annunciare il ferimento e poi la morte di uno dei "suoi", ma per rivendicare il ruolo che emittenti, siti, podcast conservatori - e con essi i loro animatori e commentatori - hanno oggi nel forgiare l'informazione e determinare l'esito delle battaglie politiche, nonostante il persistente snobismo dei media mainstream.

Un po' il ruolo che Kirk aveva saputo conquistarsi in questi anni, ai margini dei circuiti più "prestigiosi", ma al centro del dibattito politico che avrebbe cambiato il volto del Partito repubblicano e poi dell'America. E, al netto delle sue posizioni più controverse su religione, aborto, immigrazione, armi e diritti gay, Kirk lo aveva fatto "in the right way", nel modo giusto, come gli ha riconosciuto anche il più progressista dei commentatori del New York Times, Ezra Klein: attraverso il confronto con gli altri.

Fin dai giorni della sua formazione, negli anni di Obama, quando nelle battaglie dialettiche nei campus contro le maggioranze progressiste che all'epoca sembravano inarrestabili, veniva ricoperto di sputi, non solo metaforici. Un risveglio tardivo, quello della stampa liberal, nel riconoscere come Kirk, più delle popstar alla Taylor Swift o degli influencer "alla moda" che occupavano i palchi d'onore all'ultima convention democratica di Chicago, abbia saputo catturare l'interesse di milioni di giovani americani per la politica, attraendoli verso l'universo Maga.

Forse ancora più di figure come quelle di Tucker Carlson, Steve Bannon o Laura Loomer, che continuano a parlare ai già convinti, Kirk è stato determinante nell'ultima vittoria elettorale di Trump: 850 circoli creati nei college e nei licei, una potenza di fuoco invidiabile. Di nuovo, lontano dai radar dei media e degli esperti mainstream, sicuri che i "giovani" fossero tutti come quelli che incendiavano i campus nelle proteste pro Gaza e anti Israele o che animavano gli ultimi fuochi del Black Lives Matter e che in qualche modo bisognava assecondare e compiacere.

Un distacco dalla realtà che ricorda la sorpresa con la quale all'epoca fu preso atto del peso delle chiese evangeliche nelle vittorie elettorali di George W. Bush, 24 milioni di voti colpevolmente trascurati dai Democratici, ma saggiamente corteggiati dall'allora Partito repubblicano di marca neocon. Non è escluso che sia a destra sia a sinistra, pur tra i sinceri messaggi di cordoglio per la sua morte - su tutti quello di Trump e del suo vice Vance che si è recato a rendere omaggio a Kirk nello Utah con la famiglia - si affacci il calcolo politico: come conquistare o riconquistare i milioni di follower orfani di Kirk.

Non sarà facile.

Per farlo, occorrerà fare il giro dei campus o essere fisicamente presenti là dove ci sono menti e voti da conquistare alla causa, come ha fatto Kirk. Occorrerà prendere dei rischi. Troppo rischioso nell'America di oggi.

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