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Usare il padre contro Giorgia è l'ultima frontiera dei media

Rula Jebreal evoca le colpe di un genitore rinnegato dalla Meloni. E poi dice: "Non mi faccio intimidire"

Usare il padre contro Giorgia è l'ultima frontiera dei media

E poi la sinistra in un'evidente crisi di nervi post catastrofe elettorale, scopre che dare del fascista all'avversario non basta. Che il diluvio di voti su Giorgia Meloni ha dimostrato che quello non è più (o non è mai stato) l'insulto assoluto, l'arma finale per cancellare un nemico al quale non è si capaci di opporre argomenti. E allora dopo che Pd e compagni hanno toccato il fondo, ecco la solerte avanguardia fatta di pseudo intellettuali, pseudo attori, pseudo cantanti, pseudo influencer e pseudo giornalisti scavare per scendere ancora qualche gradino nella scala delle bassezze.

E così facendo fatica e replicare a quell'essere Giorgia, donna e madre che evidentemente piace a un elettore su quattro, ecco l'articolo di Repubblica per rovistare nelle vicende giudiziarie di papà Meloni, del quale fino a oggi era la stessa figlia a raccontare l'abbandono della famiglia, la decisione di una bambina di tagliare con lui i ponti a soli undici anni, le grande sofferenza dovuta a quel vuoto e le lacrime non versate il giorno della sua morte. Abbastanza per indurre perfino i giornalisti a evitare un altro calvario a quella bambina diventata prima donna e poi promessa premier. E, invece, no. Non l'ha evitato la bibbia quotidiana della sinistra e soprattutto non l'ha evitato un'eroina di quel mondo come Rula Jebreal, la giornalista e scrittrice palestinese con cittadinanza israeliana e italiana che in un tweet ha raggiunto un livello di bassezza e diffamazione difficilmente eguagliabile. Perfino in un mondo che della calunnia e dell'insulto ha sempre fatto un'arma. «Durante la sua campagna elettorale - ha sentenziato Jebreal - Giorgia Meloni, il nuovo primo ministro italiano, ha promosso un video di stupro in cui si afferma che i richiedenti asilo sono criminali che vogliono sostituire i cristiani bianchi». Un'evidente falso del quale Meloni ha già annunciato che la giornalista dovrà rendere ragione davanti a un giudice. Ma non basta, perché il seguito è forse ancor più orribile. «Ironia della sorte, il padre della Meloni è un famigerato trafficante di droga/criminale condannato che ha scontato una pena in una prigione». Troppo anche per molti, anche a sinistra. Per Calenda: «Rula questa è una bassezza. Non si fa politica così e tanto meno giornalismo. Quello che ha fatto il padre della Meloni non c'entra nulla con lei. Cancella questo tweet che tra l'altro ha l'unico effetto di portare ancora più gente a sostenere FdI» e per Giuseppe Conte: «Questo è fango su Giorgia Meloni».

Ma è ancor più fango il tentativo di replica della Jebreal: «Sta minacciando di citarmi in giudizio per il mio tweet sulle sue cospirazioni sostitutive che sono in video e ampiamente coperte dai media internazionali. Tutti gli autocrati usano tali minacce per intimidire e mettere a tacere coloro che li richiamano e li espongono. Sig.ra Meloni: non mi faccio intimidire!». Un altro delirio per coprire parole vergognose che pretenderebbero di attribuire a una figlia la colpa del padre, un orrore per qualunque codice civile e soprattutto etico. Perché la Meloni andrebbe semmai lodata per aver saputo ancora bambina distinguere il bene dal male e aver perfino rinunciato all'amore più grande per imboccare la retta via. E alla Jebreal che in passato ha denunciato la sua difficile vicenda familiare, verrebbe da chiedere se quegli anticorpi non le siano bastati per evitare di lordare con le sue parole il dolore altrui.

Evidentemente no, perché ancora una volta il furore ideologico della sinistra è più forte di qualunque sentimento di umanità.

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