Vecchie, fragili e abusive Nell'Italia che va in pezzi a rischio 6 milioni di case

La bomba dei fabbricati costruiti tra gli anni '50 e '60. I tecnici: «Più sabbia che cemento»

Vecchie, fragili e abusive Nell'Italia che va in pezzi a rischio 6 milioni di case

Tra le immagini del palazzo crollato a Torre Annuziata, c'è uno scatto che fotografa perfettamente la «mentalità» del disprezzo per il territorio. È il clic che raffigura una porzione (miracolosamente rimasta intatta) del tetto: un tetto trasformato in terrazza-solarium con tanto di ombrellone e sdraio. Davanti un panorama da sogno (in realtà, da incubo) con un mare apparentemente meraviglioso (in realtà, inquinatissimo).

Benvenuti tra gli obbrobri di cemento (poco) e sabbia (tanta) sorti lungo il litorale campano con una velocità - e voracità - inversamente proporzionale alla fantasmagorica lentezza del varo di un qualsivoglia «piano regolatore».

A Torre Annunziata (ma il discorso vale per gran parte delle regioni del Sud, e non solo del Sud) i sindaci si sono tradizionalmente fatti eleggere mettendo al primo posto del proprio «programma politico» sempre lo stesso, ineludibile, punto: condono selvaggio per ogni casa, foss'anche costruita direttamente sulla spiaggia.

L'Ordine degli ingeneri campani lo ripete da anni: «Troppe case sembrano castelli di sabbia». Tradotto: rischiano di crollare. Vecchie, fragili e abusive. Sei milioni le case dai piedi di argilla. Dei fabbricati venuti su tra gli anni '50-'60 (stessa epoca della palazzina sbriciolatasi ieri), otto su dieci sono «ad altissimo pericolo» considerato che uno su due non è mai stato sottoposto a lavori di revisione. E quando questi lavori avvengono, possono addirittura rivelarsi controproducenti: non a caso pare che all'origine del crollo di ieri a Torre Annunziata ci siano stati proprio le «opere di consolidamento» in corso nelle abitazioni dei primi due piani. «Quando l'edificio è troppo compromesso - spiegano i tecnici - può accadere che le sollecitazioni cui sono sottoposte le strutture portanti non riescano ad essere ammortizzare, causando il collasso definitivo della struttura». Come dire: si parte per migliorare una cosa, ma alla fine la si peggiora irrimediabilmente. Lo scorso aprile i presidenti di tutti gli Ordini regionali degli ingegneri (in sinergia con architetti, geometri e geologi) hanno fatto il punto sulla situazione «sicurezza» del Belpaese.

Desolante il bilancio. «Ai disastri determinati da fenomeni naturali - evidenzia il dossier -, si aggiungono spesso quelli dovuti a interventi architettonici o strutturali inadeguati che possono minare la stabilità di edifici d'epoca. A completare il quadro pensano solitamente il degrado e una carente, se non del tutto assente, manutenzione degli stabili». Molte costruzioni, soprattutto dopo un evento sismico di grande portata, vengono edificate in fretta, con l'uso di materiali scadenti che eludono controlli approfonditi. Non solo i terremoti più devastanti, anche eventi sismici minori hanno messo in evidenza la grande vulnerabilità del patrimonio abitativo e monumentale italiano. Ma come dimostra il crollo di ieri a Torre Annunziata, per far venir giù un palazzo non serve neppure un terremoto (forte o debole che sia), ma basta la semplice vibrazione di un martello pneumatico usato per il rifacimento di una casa.

L'appello che parte da ingegneri, architetti e geologi è sempre lo stesso: «Lo stato di molti edifici, ospedali, scuole, palazzi del nostro Paese è a rischio crolli e necessita di attenzione, monitoraggio e in molti casi di un grande progetto di rigenerazione e riqualificazione». Ma per tutto questo servono tanti soldi. Che nessuno ha. O non ha voglia di trovare.

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