Madrid È costato molto ai rappresentanti dell'indipendentismo catalano tentare la strada della secessione, fuori da ogni regola costituzionale. Ieri, il Tribunale Supremo di Spagna, dopo cinque mesi di processo e quattro di camera collegiale, si è espresso con una sentenza dura che farà discutere. Più attesa della moderna storia spagnola, i togati hanno distribuito condanne per un totale che supera i cento anni di carcere, dichiarando i dodici disobbedienti catalani, tra ex ministri, ex funzionari e attivisti della Generalitat, colpevoli e ispiratori dei disordini avvenuti a Barcellona nell'ottobre del 2017, quando il Governo catalano con un golpe disobbedì a Madrid e alla Corte Costituzionale e permise al suo Parlamento di dichiarare, in modo unilaterale, la Repubblica di Catalogna, basandosi sul referendum illegale e privo di censo, in cui il 90 per cento dei votanti chiedeva la secessione.
La sentenza più pesante, 13 anni di detenzione e l'interdizione da ogni incarico pubblico, come era prevedibile, è andata a Oriol Junqueras, presidente della Sinistra repubblicana catalana (Erc), ed ex numero due della autonomia più ricca di Spagna. A Junqueras, ex braccio destro dell'ex presidente fuggiasco Carles Puigdemont, (sfuggito alla sentenza poiché a Bruxelles), il Supremo ha riconosciuto i reati di disobbedienza, sedizione e malversazione di denaro pubblico, risparmiandogli la pena più pesante, la ribellione che per il Codice penale iberico comporta fino a venticinque anni di carcere. In nessun comportamento dei dodici giudicati è stato riconosciuto tale reato. Gli ex ministri della Generalitat, Jordi Turull, Josep Rull, Dolors Bassa, Joaquin Forn e Raul Romeva hanno condiviso condanne tra i 12 e i 10 anni. Undici anni all'ex Presidente del Parlamento catalano Carme Forcadell, mentre nove ai leader Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, presidenti di un'organizzazione civile indipendentista che ha preparato materialmente il referendum per l'autodeterminazione.
I primi politici catalani a commentare il verdetto sono stati Junqueras e Puigdemont: il presidente di Erc, in carcere dal novembre del 2017, ha parlato di «una sentenza che non è giustizia, ma solo vendetta», mentre l'ex governatore ha invitato i catalani a «reagire a tale barbarie» in una conferenza stampa da Bruxelles. E per Puigdemont il giudice ha riattivato un mandato europeo di arresto. Ora la palla passa ai giudici belga. Quim Torra, attuale presidente della Catalogna ha chiesto al premier Pedro Sánchez un incontro, parlando di «un atto ingiusto e antidemocratico».
La sentenza ha provocato numerose concentrazioni spontanee a Barcellona. Alcune mobilitazioni erano già pronte da mesi e continueranno nei prossimi giorni, in forma di picchetti e occupazioni. I manifestanti hanno bloccato i binari dei treni, provocando molti ritardi. Disordini anche all'aeroporto El Prat, a decine hanno tentato di raggiungere le piste, occupando poi la hall degli arrivi.
Alle proteste si sono uniti anche gli universitari che hanno
abbandonato le lezioni. Blocchi anche sulla principale autostrada per la Francia. Sánchez in diretta tv ha parlato dell'inizio di una nuova era per la Catalogna e la Spagna, sottolineando che «nessuno è al di sopra della Legge».
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