Vendita armi alla Turchia, per l'Italia un business da 360 milioni

Francia, Germania, Olanda, Finlandia e Norvegia hanno già sospeso la vendita di armi alla Turchia. L'Italia potrebbe fare lo stesso, anche se nel 2018 il nostro Paese ha concesso 70 licenze di esportazione in Turchia per 360 milioni di euro

Vendita armi alla Turchia, per l'Italia un business da 360 milioni

Prima la Germania, poi Olanda e Norvegia. Quindi Francia e Finlandia. Sono i cinque Paesi europei che per primi hanno annunciato lo stop alla vendita di armi alla Turchia. Decisione che ha seguito di poche ore l'inizio di "Primavera di Pace", l'operazione militare lanciata dal governo turco in Siria per strappare ai curdi un'importante porzione di territorio. L'eco della misura adottata dall'asse franco-tedesco - seguito poco dopo da altri tre membri dell'Ue - è arrivato anche in Italia.

Nelle ultime ore, tutte le forze politiche della maggioranza hanno chiesto di fare altrettanto. "Il Governo Italiano, oltre ai provvedimenti che sta adottando, valuti subito il blocco delle esportazione delle armi alla Turchia", ha scritto su Twitter il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Il senatore di Italia Viva, Ernesto Magorno, ha cinguettato: "L'Italia non può essere complice di quello che sta succedendo ai curdi. Subito stop alla vendita di armi alla Turchia", mentre il deputato di Leu, Nicola Fratoianni, pur apprezzando "la richiesta di Luigi Di Maio alla Ue per un blocco immediato delle forniture militari al regime di Erdogan", ha chiesto al ministro degli Esteri di "cominciare dall'Italia".

Se il governo Conte optasse per l'embargo nei confronti della Turchia, sarebbe tra i più danneggiati d'Europa dal punto di vista economico. Sì perché in base all'ultima relazione al parlamento dell'Uama (l'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) risalente allo scorso aprile, nel 2018 sono stati autorizzati export per 362,3 milioni di euro, circa 100 milioni in più dell'anno precedente e oltre il doppio rispetto al 2016. Tra i prodotti militari venduti al presidente Erdogan ci sono bombe, siluri, missili, aerei, tecnologia per la produzione e lo sviluppo, software e munizioni. Inoltre, in ottica anti-Isis, l'Italia ha venduto armi anche ai combattenti curdi, pur trattandosi di una quantità di molto inferiore: 200 mitragliatrici e 2mila razzi Rpg (e relative munizioni).

Inoltre, dai dati della Rete italiana per il Disarmo, le forniture militari a Erdogan dal 2015 a oggi ammontano a quasi 900 milioni di euro. "Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro", le parole del coordinatore della Rete Disarmo, Francesco Vignarca, riportate dall'Huffington Post. Tra le armi di origine italiana di cui dispongono le forze armate turche, ci sono diversi elicotteri T129, di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland. Tutto legale, ci mancherebbe. Ora che però la Turchia è in guerra, c'è un problema. "Colpa" della legge 185/90, che vieta di vendere armi ai Paesi in guerra.

Per questo motivo, il deputato Pd Giuditta Pini ha presentato un'interrogazione insieme ai colleghi Orfini e Raciti "per chiedere al Ministro Di Maio che fino a quando la posizione della Turchia non sarà chiarita nei consessi internazionali le esportazioni non ancora consegnate e quelle future siano bloccate", scrive Pini su Facebook. Aggiungendo che "L'Italia ripudia la guerra" (art. 11 della Costituzione).

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