In Veneto posti finiti, ma Roma invia altri profughi

"Basta profughi, siamo saturi. Spero che da Roma capiscano"

In Veneto posti finiti, ma Roma invia altri profughi

«In Veneto non ci sono più posti per i profughi». La nota è stata spedita al Viminale non da un sindaco leghista, ma dal prefetto di Venezia, Domenico Cuttaia, gli ultimi di dicembre, dopo l'ennesimo trasferimento di immigrati in Veneto, 65 nel giro di soli due giorni. Poco prima era stato un altro prefetto, quello di Treviso, ad avvisare il ministero dell'Interno che la misura era colma, dopo la decisione di portarne in provincia altri 450, su 1917 destinati dal Viminale a tutta la Regione, già drammaticamente al completo. Allarmi e avvisi ripetuti con voce forte e chiara dai prefetti veneti. «La quota stabilita dal ministero supera di gran lunga le capacità del territorio – spiegava la Prefettura trevigiana -. Non ci sono le condizioni per accogliere un numero tale di stranieri». Stesso appello rivolto pure dal prefetto di Padova, Patrizia Impresa: «Basta profughi, siamo saturi. Spero che da Roma capiscano». Dalla risposta arrivata dal Viminale, tuttavia, parrebbe proprio di no. Pochi giorni fa, infatti, il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha comunicato alle sette prefetture del Veneto che arriveranno altri 180 immigrati provenienti dai centri di accoglienza della Calabria e della Sicilia. Nuovi profughi, o presunti tali, che sommati agli altri già trasferiti in Veneto portano a cifre record, e a situazioni esplosive. Per rendersene conto basta dare uno sguardo ai numeri snocciolati dalla Regione Veneto guidata da Luca Zaia, in prima linea contro il piano di smistamento dei profughi deciso da Roma, a tutto danno di regioni già sature come appunto il Veneto. Nel 2014 i trasferimenti complessivamente effettuati sul territorio veneto sono stati ben 6.087. «Di questi soltanto 403 hanno chiesto il riconoscimento dello status di protezione internazionale – spiega il governatore Zaia -, peraltro concesso solo al 16 per cento di loro. Significa che quasi 6 mila persone sono venute sul nostro territorio e che si sono disperse indisturbate, senza che le autorità ne conoscessero né la meta né spesso l'identità. Che fine hanno fatto? Quanti di loro si sono trovati nella condizione di delinquere? Quanti sono stati facili prede delle organizzazioni che gestiscono la criminalità?». Spazi per accoglierli non ce ne sono più, le cooperative sociali hanno esaurito i posti letto, e i bandi per il servizio accoglienza vanno deserti, anche perché gli albergatori lamentano enormi difficoltà nella gestione di questi “ospiti”, che molto spesso spariscono dopo pochi giorni (e l'albergatore deve farsi carico della denuncia di scomparsa alle autorità), e che comportano un rimborso di 30 euro a immigrato, troppo pochi per rendere sostenibile l'operazione, «anche perché di questi 30 euro, 5 vanno al profugo e l'albergatore deve farsi anche carico di fornirgli gli abiti» precisa Federalberghi Veneto. A Padova una soluzione l'ha messa in campo il sindaco (Lega) Massimo Bitonci, che ha aperto un Fondo rimpatri, alimentato da contributi volontari, per pagare il ritorno a casa dei clandestini. Proprio ieri i primi due rimpatri di una coppia di romeni finanziati dal Fondo del Comune padovano.

Adesso, come regalo di fine anno, il Viminale ne manda in

Veneto altri 180. Il governatore Zaia: «Se il governo pensa di poter risolvere il caos che ha creato passando persino sopra la testa dei suoi prefetti, significa che la confusione ha raggiunto il livello di non ritorno».

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